Draghi il «non politico» che non comprende metodi e tempi della politica

Si scrive catasto, si legge possibile stangata sulla casa. La polemica sulla delega fiscale del governo non si placa. Dopo la diserzione dei ministri leghisti in consiglio dei ministri, poco fa anche i governatori del partito si sono schierati compatti con Salvini, chiedendo garanzie sul fatto che la futura revisione del catasto non minacci il portafoglio degli italiani. Mentre il premier, dalla Slovenia, torna ad escludere qualsiasi “patrimoniale” sulle abitazioni, e tira dritto confermando che “il governo va avanti”.

Il primo problema è di metodo. Il provvedimento è stato licenziato in fretta e furia da Palazzo Chigi, e i 45 minuti concessi alla delegazione leghista per studiare il carteggio non sono stati reputati sufficienti. Lo strumento della delega, peraltro, lascia mano libera al governo, cui spetta il compito di scrivere i conseguenti decreti attuativi. Le commissioni parlamentari avranno poteri limitati, 30 giorni di tempo per esprimere un parere sugli schemi del governo, pareri peraltro non vincolanti. Insomma una corsa supersonica che non si spiega, soprattutto se pensiamo che i due rami del parlamento hanno lavorato mesi per produrre un documento di sintesi approvato da tutte le forze della maggioranza sulla riforma fiscale. E in quel documento non c’era traccia della revisione del catasto. Da qui la ribellione della Lega.

Se non si rispettano tempi e modi del confronto, sorge il dubbio che dietro il futuro cambio del catasto ci sia nascosta una trappola fiscale. Poco fa il premier Draghi è tornato a promettere che gli italiani non verranno spremuti, precisando che quella sul catasto è solo un’ “operazione trasparenza”: in realtà sembra che nel giro di poche ore il capo del governo si sia leggermente contraddetto. Prima ha dichiarato che “nessuno pagherà di più o di meno, le rendite restano invariate”, poi ha detto invece che occorre “riequilibrare il carico fiscale…ci sono tante persone che pagano troppo e tante che pagano meno di quello dovuto”. Con ciò lasciando intendere che i saldi non saranno affatto invariati.

Insomma, grande è la confusione sotto il tetto di casa. Certo è che, per come è impostata la road map, già da adesso il governo sta tracciando un sentiero obbligato che potrebbe spianare la strada a un futuro torchio fiscale. Entro il 2026 le novità sul catasto diventeranno realtà: i governi cambiano, le promesse si dimenticano, ma i vincoli di legge restano. E nessuno può assicurarci che chi governerà tra 5 anni non potrà sfruttare il trampolino legislativo del governo Draghi per stangare la cittadinanza. Come ha detto Confedilizia, “questa delega prepara le condizioni del salasso”, non essendoci nel provvedimento i paletti necessari per evitarlo.

Da questo punto di vista, i mal di pancia leghisti sono comprensibili, se consideriamo che da tempo le istituzioni internazionali, da Bruxelles al Fmi, spingono per una tassa sul mattone. E anche le parole del sottosegretario all’economia Guerra (Liberi e Uguali) sul catasto come “strumento di equità fiscale” non ci fanno stare tranquilli. In aggiunta, tra le stranezze di queste ore anche il fatto che eminenti personaggi di Forza Italia come Renato Brunetta e Mara Carfagna, si sono schierati con Draghi senza se e senza ma. E questo è un punto singolare, in un partito che sull’intoccabilità della casa da parte delle voraci mani dell’erario ha sempre fatto una delle sue battaglie storiche.

Da ultimo, nella riforma fiscale spunterebbe anche il ritocco dell’Iva, che verrebbe “razionalizzata”: un’operazione che potrebbe rivelarsi l’ennesima bastonatura sulla testa del contribuente, dal momento le imposte indirette dovranno adeguarsi agli standard europei sull’inquinamento. Per tutti questi motivi è stato annunciato un incontro a breve Salvini-Draghi. Mai come stavolta, quando si parla di risparmi, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.

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