Draghi rivuole la Legge Fornero ma (anche) i sindacati non ci stanno

Continuano le tensioni sul tema delle pensioni. Da una parte i sindacati chiedono di mettere in campo una riforma strutturata e più ampia rispetto al semplice meccanismo di rientro da quota 100 e dall’altra il governo punta a prorogare di un anno sia l’Opzione Donna che l’Ape sociale per le categorie di lavori gravosi, al momento escluse. Ipotesi avanzata da Andrea Orlando, ministro del Lavoro per cercare di “riequilibrare la situazione creata da quota 100 in senso più favorevole alle donne e per tenere maggiormente presente la differenza tra i vari tipi di lavori”. Nel mentre però la Lega va in pressing sul governo proponendo l’ipotesi di quota 41, ovvero la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi. Opzione avanzata ieri anche dal Segretario della Ugl, Paolo Capone che aveva sottolineato come l’obiettivo principale era quello di “mantenere un meccanismo di flessibilità in uscita incentivando, al contempo, il turn-over generazionale. In tal senso, auspichiamo quanto prima l’apertura di un tavolo per discutere di soluzioni come quota 41”.

Oggi invece l’Unione dei sindacati di base ha puntato a 40 anni di contributi e 60 di età dato che bisogna andare in pensioni “in tempo per godersela”. Idea che richiama il pensiero di Fratelli d’Italia che promette battaglia in Parlamento dato che “Il governo Draghi, il Pd e la sinistra lavorano al contrario per rendere più difficile andare in pensione a chi ha lavorato una vita e se ne infischiano di chi una pensione forse non la vedrà mai”, così Giorgia Meloni, leader di Fdi in una nota.

La visione dei sindacati

I sindacati in questi giorni sono stati molto chiari nell’esporre la loro opposizione sulle ipotesi messe in campo dal governo settimana scorsa (quota 102 per il 2022 e quota 104 per il 2023): “non è solo un problema di quote, ma è questione di rimettere in discussione una riforma complessiva”, spiega Maurizio Landini, leader della Cigl. “Il tema che deve diventare centrale, sempre attraverso la riforma fiscale – ha continuato Landini – riguarda la crescita del salario e delle pensioni nette di tutte le persone. Occorre garantire una pensione futura ai giovani, ma anche un sistema che riconosca le differenze delle donne e riconosca i lavori gravosi. Che dia una pensione dignitosa e di permettere anche quando uscire. Se ciò non dovesse avvenire, dobbiamo mettere in campo tutte le azioni necessarie di mobilitazione per arrivare a questi risultati”.

Sulle ipotesi messe in campo dal governo anche Antonio Misiani, senatore e responsabile economico del Pd oggi ha espresso qualche dubbio legato sopratutto al fatto che “non può essere sufficiente una coda di quota 100. Abbiamo bisogno di mandare in pensione prima chi ne ha realmente bisogno, e dunque i lavoratori gravosi e le persone in condizione di fragilità. Dobbiamo occuparci delle donne, che sono oggi le grandi sfavorite da quota 100, e dobbiamo occuparci dei giovani. Vanno introdotti alcuni correttivi per proteggere chi rischia di andare in pensione in povertà, a partire da un’integrazione al minimo per chi andrà con un sistema interamente contributivo”, che ha ricordato Draghi non sarà toccato.

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