Draghi si dimette, Mattarella lo rimanda alle Camere. Si lavora per un bis pur di non votare

Sono le 18.50 quando da Palazzo Chigi arriva il comunicato ufficiale:

Buonasera a tutti,
Voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.
Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico.
La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più.
È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo.
In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche.
Come è evidente dal dibattito e dal voto di oggi in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente.
Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia.
Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi.
Queste condizioni oggi non ci sono più.
Vi ringrazio per il vostro lavoro, i tanti risultati conseguiti.
Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto, in un momento molto difficile, nell’interesse di tutti gli Italiani.
Grazie.

Le dimissioni del Presidente del consiglio arrivano alla fine di una giornata febbrile, cominciata con la discussione sul Dl Aiuti in Senato; i grillini nella notte non hanno cambiato idea malgrado un disperato tentativo di mediazione del Ministro per i Rapporti con il parlamento, il grillino D’Incà. Nelle dichiarazioni di voto annunciano che lasceranno l’aula. Il Governo ottiene comunque una facile fiducia (172 si e 39 no. Alcuni senatori sono risultati assenti, anzi, in missione. Tra questi anche il ministro del M5S Patuanelli, che così di fatto ha evitato di sfiduciare se stesso).

A Draghi però il risultato non basta. Come aveva detto nei giorni precedenti senza il M5S non risarebbe stato governo. Ed è stato di parola mentre gran parte del mondo politico, italiano ed internazionale, oltre che il mondo imprenditoriale, gli chiedeva di restare con la stessa maggioranza o con una nuova, con i seguaci di Di Maio e senza i grillini. Alle 14 il primo passaggio al Quirinale; un’ora di dialogo con Mattarella dai contenuti misteriosi, poi il ritorno a Palazzo Chigi. Alle 18.30 viene convocato il Consiglio dei Ministri dove Draghi annuncia all’esecutivo le sue dimissioni.

In tutto questo il mondo dei mercati cominciava a farsi sentire: le spread saliva fino a quota 220 per poi scendere a 206. E non è un caso che la notizia delle dimissioni sia arrivata dopo la chiusura delle borse europee.

La palla quindi passa a Mattarella dove Draghi si è recato per rassegnare formalmente le dimissioni. Sarà il Presidente della Repubblica a decidere cosa fare tra molteplici opzioni. la prima, la più battuta ma che forse non fa i conti con la personalità dell’ormai ex premier, sarebbe quella della dimissioni respinte e di un rinvio in Parlamento per valutare l’esistenza di una maggioranza; la seconda l’assegnazione ed un nuovo esponente dell’incarico. Il nome più battuto sarebbe quello del Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato a cui affidare un governo traghettatore fino alla naturale chiusura della legislatura, a maggio 2023. Ultima ipotesi, voto anticipato, ad ottobre.

Ed è questa l’eventualità che spaventa molti partiti. A partire da quelli del cosiddetto nuovo Centro; se si andasse a votare con l’attuale legge elettorale questi partiti di fatto sparirebbero dall’arco parlamentare. Ed anche il Pd si trova in un mare di guai. Il progetto del Campo Largo infatti oggi è stato ucciso e sepolto. Proporre tra tre mesi la grande alleanza con il M5S che oggi hanno fatto cadere il Governo Draghi sarebbe un suicidio politico. Ma presentarsi senza i pentastellati sarebbe alle elezioni anticipate sconfitta certa e pesante. ed è per questo che dal Nazareno, malgrado le dimissioni si invita Draghi a restare, a ripensarci.

Il centrodestra pare quindi trovarsi tra le mani l’opportunità di tirare un rigore a porta vuota. Salvini, Meloni e Berlusconi hanno atteso le decisioni del premier ripetendo più volte che si sarebbero mossi in maniera unitaria. Il voto anticipato piace soprattutto a Fratelli d’Italia ma Fi e Lega non vogliono strappare e forzare la cosa. La speranza è che sia Mattarella a condurre a questo. Quanto sarà solida questa unità comunque lo vedremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni.

In serata poi ecco la mossa del Colle: dimissioni respinte, Draghi torna alle camere. L’appuntamento è per mercoledì; comincia da adesso la caccia alla maggioranza. Tutto è aperto, tutto può succedere.

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