martedì, 26 Novembre 2024
È il giorno di Giorgia Meloni
«Siamo pronti perché vogliamo procedere nel minor tempo possibile. Grazie a tutti». Sono le 11 quando, dopo un incontro durato pochi minuti (un record di velocità dicono i cronisti della politica), Giorgia Meloni fa la sua rapida dichiarazione alla stampa. Accanto e dietro di lei Berlusconi, Salvini, Lupi ed i capigruppo di Camera e Senato del centrodestra (compresa Licia Ronzulli, a fianco di Berlusconi). Una coalizione compatta, presentatasi unita alle consultazioni con il Presidente della Repubblica dopo gli attriti innegabili di questi ultimi giorni. Ed il merito, altrettanto innegabile, è della leader di Fratelli d’Italia che anche oggi ha mostrato quella che è la parola chiave di quello che sarà il governo che sta costruendo ed andrà a presiedere: serietà.
I toni pacati, le poche parole, misurate, erano cominciate la notte del voto e sono proseguiti per queste quasi 4 settimane. Quando c’è stato da tirare fuori i denti in pubblico la Meloni li ha tirati fuori («io non sono ricattabile»), quando c’è stato da tacere ha taciuto, ma alla fine è lei la vera vincitrice di questa fase iniziale di legislatura.
In molti oggi si aspettavano qualche fuoco d’artificio o colpo di coda di Silvio Berlusconi davanti alla montagna di telecamere e giornalisti; invece il leader di Forza Italia ha rispettato la consegna al silenzio ed alla compostezza: nessuna parola, nessun gesto, nemmeno alcun conteggio con le dita. È il giorno di Giorgia Meloni e questo sta avvenendo.
Lei sola ha parlato alla stampa e lei sola ha parlato con Mattarella. La scena è stata tutta e solo sua, come forse doveva essere.
Ora la palla passa, come da prassi, a Sergio Mattarella che dovrà dare formalmente l’incarico alla leader di Fratelli d’Italia. Poi, probabilmente già in serata l’accettazione «senza riserva» (una mezza anomalia istituzionale rispetto alla prassi che prevede l’accettazione «con riserva») che però sarebbe vista di buon occhio da tutti, compreso lo stesso Quirinale, rispetto all’urgenza dei problemi da risolvere e delle cose da fare.
La lista dei ministri dovrebbe essere davvero già pronta, anche se sembra si discuta ancora su qualche dicastero di seconda fascia.
Resta l’attesa per le sorti del Viminale, soprattutto sull’incarico o no ad Antonio Tajani che ieri ad esempio Giuseppe Conte aveva definito come inadatto essendo espressione del partito di Silvio Berlusconi la cui posizione internazionale (dopo la diffusione dei famosi audio dalla riunione degli onorevoli azzurri) ha creato non pochi imbarazzi.
Le tempistiche raccontano di un incarico che verrà affidato in serata (anche per attendere il ritorno di Draghi dal vertice europeo. Una forma anche questa di rispetto istituzionale) e domani mattina quasi sicuramente la presentazione della lista dei ministri con il dibattito alle camere per la fiducia tra martedì e mercoledì prossimo.
Nessuno ha mai fatto così in fretta. È già questo è un ottimo segnale.
Resta in un discorso rapido, istituzionale e molto posato quell’attimo di «umano imbarazzo» quando la futura premier ha detto «la coalizione ha indicato la sottoscritta…». Unica concessione alla regola della serietà e del basso profilo che si era ripromessa. Ma nessuno su questo le potrà dire nulla.