Edoardo Bennato, una vita controcorrente in Sono Solo Canzonette

Stadio San Siro, 19 luglio 1980.
    Non era mai successo prima nella storia della musica che un
artista si esibisse in 15 stadi di seguito nel giro di un mese.
    Gianni Minà insegue Edoardo Bennato lungo il tragitto verso il
palco di San Siro nella data conclusiva di questo tour da
record. “Hai paura?”, domanda il giornalista. “Ho paura che non
si divertano e che io non mi diverta”, risponde l’artista, tra i
più grandi cantautori di sempre, ribelle e anticonformista, tra
i primi a fare del rock in Italia. Scena successiva. Riflettori
accesi, stadio gremito, Bennato imbraccia la chitarra ed
emozionato si avvicina al microfono: “Voi mi vedete su un palco,
con l’adesione di tanta gente attorno tra gli applausi e pensate
che io sia sempre io, in ogni circostanza sicuro di me. Invece
vi assicuro, ve lo confesso, ho un sacco di paure, perplessità,
di dubbi, né più né meno. Questa è una canzone di speranza”. E
parte L’isola che non c’è. Inizia con queste immagini il grande racconto della carriera
di Edoardo Bennato nel documentario Sono Solo Canzonette,
presentato da Rai Documentari e Daimon Film, diretto da Stefano
Salvati e prodotto da Raffaella Tommasi per Daimon Film, che
andrà onda il 19 febbraio su Rai1, in prima serata. Edoardo
Bennato, artista ribelle, pirata del rock made in Bagnoli, punto
di riferimento dell’anticonformismo musicale e ideologico,il
primo a portare il rock e il blues nel cantautorato italiano,
sarà ospite al festival di Sanremo giovedì 13 febbraio. Per la prima volta viene utilizzata l’intelligenza
artificiale per ricostruzioni legate al passato in assenza di
documentazione visiva. I primi passi nella musica da
piccolissimo con il Trio Bennato – formato insieme ai fratelli
Giorgio ed Eugenio, grazie alla madre Adele che li ha fatti
studiare e appassionare; il soggiorno a Londra, dove ha iniziato
a esibirsi come one-man-band, suonando contemporaneamente,
chitarra, kazoo e batteria a pedale; un’esperienza che gli ha
permesso di sviluppare uno stile musicale unico, influenzato dai
grandi del blues e del rock ma contaminato da accenti della
musica mediterranea. E poi gli incontri, la testardaggine, i
trasferimenti a Roma, successivamente a Milano, i primi passaggi
in televisione con Lucio Battisti, la lunga gavetta in attesa
dell’exploit: una vita schizofrenica, fuori controllo, a tratti
fuori rotta per trovare la rotta giusta, quella che ha portato
Edoardo ad essere amato da un pubblico sempre più vasto, anno
dopo anno, fino ai giorni nostri.
    Nell’ottica di ribellione rispetto ai canoni della musica
italiana degli anni ’70 e ’80, Bennato ha iniziato a utilizzare
musica classica ‘rossiniana’ nei suoi pezzi punk/rock,
adeguandoli in un connubio ‘improbabile’ a quei tempi, ma
definendo quella originalità che ben viene rispecchiata nel
documentario. Influenzato da grandi del rock e del pop, Bob
Dylan in primis, e dalle sonorità della musica mediterranea e
partenopea, Edoardo Bennato ha creato uno stile del tutto
personale, quello “bennatiano”. Un Peter Pan “impertinente”,
allergico a ogni etichetta, un sovversivo della musica, un
provocatore che ha scritto e composto assoluti capolavori
diventati pietre miliari della musica italiana; canzoni che
ritroviamo nel lungometraggio nelle versioni live e colonna
sonora, frammenti di musica che si contrappongono ai dialoghi,
trattati in modo attento e scrupoloso, tante testimonianze di
chi ha subito il fascino e l’influenza dello stile di Bennato.
    Nel racconto si inseriscono le voci di artisti, giornalisti e
amici che hanno trovato in lui un punto di riferimento,
artistico e ideologico, che riconoscono il valore e il talento
di voce e musica fuori dal coro: come, in ordine di apparizione,
Jovanotti, Paolo Conte, il fratello Eugenio, Carlo Conti, Mogol,
Ligabue, Marco Giallini, Max Pezzali, Neri Marcorè, Leonardo
Pieraccioni, Clementino, Dori Ghezzi, Alex Britti, Leo Gassmann;
e, inoltre, gli interventi di Carlo Massarini, Giancarlo Leone,
Paolo Giordano e Stefano Mannucci. Le interviste hanno
contribuito a ricostruire non solo la storia dell’artista, ma
anche gli aspetti culturali degli anni ’70, ’80 e ’90,
attraverso i suoi testi graffianti, canzonatori, ironici e
beffeggianti, la sua musica così rivoluzionaria, attuale sotto
qualsiasi punto di vista e interpretazione.
   

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