Frank Matano: «Il mio nuovo show è tutto da ridere»

Quattro comici tra i più amati dal pubblico, sketch e challenge totalmente improvvisate, un conduttore che più imprevedibile non si può. Dopo il clamoroso successo di LoL-Chi ride è fuori, Prime Video torna a scommettere sui campioni della comedy all’italiana e lo fa con Prova Prova Sa Sa, il nuovo show disponibile dal 2 novembre, affidandolo alla guida (spericolata) di Frank Matano. Il risultato? Tutto da ridere, ça va sans dire, con Maccio Capatonda, Maria Di Biase, Edoardo Ferrario e Aurora Leone pronti a sfidarsi in un duello all’ultima improvvisazione. «Sarò la loro spalla, il loro complice ma anche un “arbitro” un po’ sadico pronto ad infierire quando li vedo in difficoltà», racconta Matano a Panorama.it, svelando il meccanismo e le curiosità dello show prodotto da Endemol Shine Italy, basato su un format che l’attore ha amato sin da quando era bambino.

Frank, c’è la sua intuizione dietro l’arrivo in Italia di Prova Prova Sa Sa. Colpa (o merito) di un’infatuazione scattata quando era piccolo.

«Mia mamma è americana e quando andavamo a trovare i parenti, da bambino, seguivo Whose Line Is It Anyway?, un format di successo e pluripremiato creato da Dan Patterson e Mark Leveson. Fu un colpo di fulmine, rimasi folgorato».

Cosa la attraeva?

«L’idea di un gruppo di adulti che si mettevano così tanto in gioco in un contesto dove vale tutto. O quasi. Ne fui stregato, tanto che me lo sono portato dietro per anni e intorno ai 19 anni mi misi a tradurre tutte le battute e le dinamiche in italiano. Senza che nessuno me lo avesse chiesto, ovviamente».

Se lo immaginava che prima o poi lo avrebbe non solo realizzato ma anche condotto?

«Lo speravo perché ho una vera e propria sudditanza psicologica per il format, lo conosco bene, lo sento mio. Ma non mi ero mai sentito pronto per proporlo… appena ne ho avuta l’occasione l’ho fatto ed è accaduto più di quanto sperassi: ho partecipato alla costruzione del cast, mi hanno lasciato spazio creativo».

I quattro protagonisti in campo sono Maccio Capatonda, Maria Di Biase, Edoardo Ferrario e Aurora Leone: come li avete scelti?

«La chiave è mettere in piedi un gruppo eterogeneo. Devi individuare ruoli e potenzialità diverse: l’ingrediente fondamentale è trovare personalità forti dalle qualità specifiche non si somigliano».

La difficoltà più grossa?

«Trovare l’intonazione giusta. So che sembra paradossale perché Prova Prova Sa Sa è un programma d’improvvisazione e i concorrenti vanno al buio, ma ovviamente abbiamo dovuto fare delle prove: lì hanno affinato la tecnica, hanno capito che l’ascolto non verbale è fondamentale e che dovevano uscire dalla loro comfort zone. La tensione è continua».

Ci vuole più incoscienza o coraggio ad accettare di fare uno show tutto improvvisato?

«Entrambe le cose. Improvvisare è quasi una scienza, devi saperti mettere nelle condizioni di avere sempre pronto un piano b. E pure un piano c. Ma è anche un atto di coraggio, perché alla fine è come partecipare ad una sessione di jazz».

Lei ma anche Capatonda, la Di Biase e Ferrario avete fatto LoL-Chi ride è fuori, diventato un cult. La differenza principale tra i due show?

«Il meccanismo è profondamente diverso: in LoL l’improvvisazione non è il veicolo principale, i comici si preparavano, qui invece vanno totalmente al buio».

Lei che conduttore sarà: spalla complice o arbitro sadico?

«Un po’ spalla, un po’ complice che tende ad alzare il tiro quando il ritmo si abbassa. E poi c’è un po’ di sano sadismo: quando li vedo in difficoltà, infierisco».

Da concorrente lo avrebbe fatto?

«Sì, certo. Ma sono contento di metterci la faccia da conduttore: è il mio sogno che si realizza».

Ultima domanda: viviamo tempi complicati e per di più dominati dal politicamente corretto. È più facile o più complicato per un comico oggi far ridere?

«Dobbiamo uscire dal cliché secondo cui non si può più dire niente. Lo dice solo chi resta sulla superficie delle cose o chi cerca un alibi. Semplicemente, il linguaggio cambia ed è giusto che ci sia un dibattito su cosa è giusto dire e che cosa no. Ma quando la battuta tagliente gioca con tematiche spinose, dev’essere costruita bene perché sia una buona battuta: non è questione di misura ma di intelligenza».

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