Gerry Cardinale, l’uomo di RedBird che avrà in mano il Milan

L’uomo del futuro ha 53 anni, una laurea ad Harvard con il massimo dei voti e lode, un patrimonio personale di oltre due miliardi di dollari e un fondo da lui creato e amministrato da 6. Si chiama Gerry Cardinale e da qui in poi sarà il punto di riferimento dell’universo Milan, il nuovo proprietario di maggioranza chiudendo la breve ma fruttuosa era di Paul e Gordon Singer che in meno di quattro anni (luglio 2018-giugno 2022) hanno risanato i conti disastrati del Vecchio Diavolo, chiuso le pendenze con la Uefa, riportato in linea di galleggiamento il bilancio e alla fine festeggiato anche uno scudetto. Non frutto del caso, sarebbe offensivo per chi ci ha lavorato giorno e notte, ma certamente inatteso quanto meno nella tempistica, dentro un calcio che si è abituato all’assioma per cui vince chi spende e gli altri fanno da spettatori.

Gerry Cardinale ha trovato la chiave giusta per aprire la porta di Elliott. Più degli arabi di Investcorp, entrati di prepotenza e poi usciti dalla trattativa con il fondo, non senza qualche spericolatezza comunicativa che di certo non ha aiutato. RedBird è il futuro del Milan e se sarà un buon futuro lo dirà il tempo, così come è stato per Elliott il cui ingresso dalla porta di servizio, rilevando il club dopo il default di Yonghong Li, aveva suscitato più di un timore nel popolo rossonero. Sbaglia chi dice che gli uomini di Elliott hanno trattato il Milan come un semplice business da far fruttare: senza gli oltre 700 milioni di euro complessivamente iniettati nelle casse di via Aldo Rossi non ci sarebbe stato, forse, futuro per un marchio carico di storia e di debiti.

Sbaglia, però, anche chi immagina di leggere quello che accadrà ora con RedBird con lenti differenti da quelle utilizzate negli ultimi anni. Cardinale è a capo di un fondo, amministra denaro non suo con l’obiettivo di farlo fruttare: il suo target è triplicare in un arco temporale medio il valore del portafoglio che ha in mano, l’unica strada nello sport è sviluppare un progetto sportivo competitivo e poi unirlo a politiche aggressive e redditizie sul campo del marketing e della comunicazione. Non è uno sceicco sbarcato a Milano per innaffiare di centinaia di milioni il calciomercato di Paolo Maldini e Frederick Massara: è uno sviluppatore che non deve ripartire da zero (compito assolto da Elliott) e che può dedicarsi a far salire di livello il Milan.

Ha esperienza nel mondo dello sport (Boston Red Sox e Pittsburgh Penguins) e nel calcio al top (Liverpool) grazie a una significativa partecipazione nel Fenway Sports Group, che controlla i Reds e che li ha tenuti al massimo livello senza inseguire le politiche spendaccione del Manchester City o del PSG. E’ proprietario dal 2020 del Tolosa, riportato nella Ligue1 francese dopo un solo anno. Ha alle spalle un background che riporta al grande mondo delle comunicazioni e dell’entertainment, ragionando dello sport come di un formidabile veicolo di contenuti. Il Milan, ma non solo, è destinato a diventare un media company internazionale, sfruttando il peso di un brand conosciuto in tutto il pianeta e saldando il passato con il futuro che passa anche dal progetto del nuovo stadio, non accantonato ma rilanciato dal cambio di proprietà.

Certo, non sono tutte le cose che i tifosi milanisti vorrebbero sentirsi dire, inebriati dalla festa scudetto che mancava dal 2011 (RedBird è stata fondata poco più tardi, nel 2014) e convinti che per tornare a comandare in Europa e non solo in Italia basterebbe prendere la scorciatoia dello spendi e vinci. Che esiste solo in modelli di sport lontani da quello di Cardinale e lontani dal contesto culturale da cui proviene, molto più vicino alle idee di Elliott rispetto a Investcorp che è stata sconfitta nella corsa al Milan. Che i Singer restino con una significativa quota di minoranza è la conferma che il valore del Milan è destinato a crescere nei prossimi anni, permettendo così di aumentare il prezzo d’uscita del fondo che ha risanato la società. Ed è anche garanzia di continuità per un’azienda che oggi funziona bene, nella parte sportiva e in quella commerciale meno visibile: un vantaggio non da poco, perché nel calcio i periodi di incertezza di solito si pagano sul campo con un calo dei risultati. Lo ha sperimentato lo stesso Milan negli anni travagliati dell’uscita dall’era Berlusconi, la più vincente di sempre. Ora il quadro appare diverso.

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