Giorgia, prima donna premier, è già nella storia. E se farà bene sarà leggenda

Accettando l’incarico dalle mani del Presidente della Repubblica, l’Italia ha finalmente un Premier donna: Giorgia Meloni. Il primo della sua storia.

Un Premier, una Premier, maschile, neutro, femminile, fate un po’ come volete. Non ci incistiamo sul lessico di ‘boldriniana’ memoria: andiamo alla sostanza.

La sostanza dice che il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana, dopo 74 dalla Costituente, è una donna, giovane ma fortissima.

Giorgia Meloni è la riprova che l’Italia è finalmente matura e ha abbattuto tutte quelle barriere culturali che ci hanno legato ad un atavico maschilismo patriarcale in cui appartenere all’altra ‘metà del cielo’ significava obbligatoriamente rinunciare a coltivare i sogni più grandi.

Giorgia Meloni è anche la dimostrazione che le avversità della vita temprano.

In pochi erano al corrente della sua triste e incredibile vicenda familiare fino a che, un’altra donna, la giornalista e volto televisivo Rula Jebreal, ha odiosamente evocato, in un tweet, la storia di suo padre, arrestato in Spagna per traffici illeciti.

Curioso che proprio colei che, da palestinese ed esponente di sinistra, si è battuta quotidianamente contro la discriminazione, abbia ceduto alla tentazione di cadere in una così meschina sortita che riassume l’essenza stessa del razzismo più becero, attribuendo una sorta di impronta generazionale all’On Meloni.

Come se le colpe dei padri ricadessero geneticamente sui figli.

Voglio sperare che Rula Jebreal non sapesse che Giorgia Meloni fu abbandonata dal padre quando aveva solo un anno e che lo vide, per l’ultima volta, nel 1988, in un giardino pubblico romano, nemmeno riconoscendolo.

Un uomo che si è limitato a fornire il seme per generare Giorgia Meloni e la sorella e poi se n’è fuggito, lasciando nel cuore delle figlie un vuoto doloroso che, come ha chiarito la madre della nostra Premier, “a Giorgia è costato solo lacrime”.

Rula Jebreal non si è nemmeno scusata ma ha rilanciato denunziando un clima di misoginia, islamofobia e razzismo, come un bambino che prima brucia casa e poi censura la reprimenda dei genitori.

Lasciamo stare e torniamo al dolore di Giorgia Meloni, strumentalmente solleticato solo per denigrarla.

Quelle lacrime hanno irrorato le radici di una guerriera che, cresciuta nel quartiere ‘rosso’ della Garbatella, si è saputa distinguere, lottare per i propri obiettivi senza avere santi in paradiso o conoscenze altolocate, scalando uno a uno i gradini che l’hanno issata sullo scranno più alto del Parlamento italiano.

Qualcuno ha scritto che le donne hanno un solo difetto: dimenticano sempre quanto valgono.

Credo che Giorgia Meloni non l’abbia mai dimenticato e abbia usato, con pazienza e umiltà, la caparbietà che la grande maggioranza degli elettori italiani hanno riconosciuto tributandole il loro voto.

Ci sono voluti anni, certo, ma come ebbe a dire il primo sindaco donna di Ottawa, in Canada, qualsiasi cosa facciano le donne devono farla due volte meglio degli uomini per essere apprezzate la metà.

L’Inghilterra ha esultato per la prima donna Premier dopo l’indimenticabile Margareth Tatcher, Liz Truss, ma è durata meno di un gatto in tangenziale; la Germania non ha più nemmeno nel mirino un’erede della Merkel e gli Stati Uniti d’America ancora devono eleggere un Presidente donna.

Auguri quindi a Giorgia Meloni, pur con tutte le riserve politiche che ognuno di noi ha il diritto di serbare nella logica di un Paese libero e democratico.

Auguri all’Italia in questo momento difficile in una congiuntura internazionale connotata da guerre e crisi energetiche.

Se Giorgia vincerà la sfida, ciò che è già storia potrebbe addirittura diventare leggenda.

info: missagliadevellis.com

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