Gli al-Shabaab somali e lo Stato Islamico diffondono l’odio in Africa via social

Gli al-Shabaab somali e lo Stato Islamico stanno usando Facebook e altri social network per diffondere l’odio religioso, aumentare il numero dei loro seguaci e trasmettere i loro messaggi in Africa orientale, con il Kenya al centro della loro attenzione. I ricercatori dell’Institute for Strategic Dialogue (ISD) hanno condotto un’indagine biennale sull’ecosistema dei media online di al-Shabaab e dello Stato islamico in Africa, analizzando il ruolo delle testate giornalistiche “indipendenti” e le loro intersezioni con centinaia di reti di profili di amplificatori su Facebook collegati a una serie di pagine centrali che si identificano come «media» oppure «personalità dei media» operanti in somalo, swahili e arabo. I ricercatori hanno scoperto che la rete di supporto ad al-Shabaab e allo Stato Islamico si estendeva su diverse piattaforme, comprese applicazioni di messaggistica decentralizzate come Element e RocketChat e piattaforme di messaggistica crittografate come Telegram, nonché Twitter, YouTube e Facebook. Secondo il report dell’ISD esiste una macchina di propaganda online altamente coordinata che si basa su migliaia di reti di Facebook in lingua somala, swahili e araba profili e pagine per seminare i suoi contenuti sulla piattaforma. La ricerca, condotta tra il 2020 e il 2022, rivela che le entità affiliate ai due gruppi si atteggiano a «testate giornalistiche indipendenti» sulla piattaforma social media, tuttavia, queste risorse digitali vengono invece utilizzate per condividere propaganda terroristica con il pretesto di fornire notizie «obiettive» per influenzare il pubblico in Kenya e nella più ampia regione dell’Africa orientale. Il ricercatore Moustafa Ayad, che ha curato la stesura dell’indagine, ha dichiarato: «Le reti di supporto di al-Shabaab e dello Stato Islamico su Facebook hanno mostrato una notevole capacità di recupero. Sono diventati molto abili nel diffondere la propaganda su diverse piattaforme di social media».

Il think tank con sede a Londra ha raccolto i dati sulla crescita e l’impatto avuto da 30 pagine Facebook collegate ad al-Shabaab (8.000 account Facebook e cinque siti web di notizie) e allo Stato Islamico. Secondo i ricercatori «questa rete ha registrato un boom nel 2022, crescendo di circa il 41% negli ultimi quattro mesi, aggiungendo 12.500 follower al loro pubblico tra gennaio e aprile». I ricercatori menzionano anche che i contenuti diffusi da queste entità digitali sono spesso ottenuti da siti web che utilizzano database di archiviazione centralizzati di al-Qaeda come fonte per il loro materiale tanto che I siti web collegati ad al-Shabaab vengono quindi utilizzati per condividere il contenuto su Facebook. Secondo Moustafa Ayad «i contenuti delle pagine erano spesso un mix, o riproponevano le notizie dei media mainstream e i contenuti diretti dello Stato islamico, di al-Qaeda o di al-Shabaab. Si concentrano sulla diffusione della disinformazione attraverso un’apparenza giornalistica, mentre continuano a guidare il pubblico verso il più ampio macchinario delle sue piattaforme di comunicazione di propaganda estremista, cache di contenuti e influencer locali». Tra i siti citati ci sono Warbahinta Al-xaq o Truth Media che era la più attiva delle pagine di supporto della lingua somala che i ricercatori hanno identificato. La pagina ha accumulato 4.711 follower e ha affermato di essere «un media islamico indipendente il cui motto è verità e trasparenza». In realtà il sito non fa altro che rinominare in modo da aggirare le politiche di moderazione dei contenuti di Facebook i contenuti degli al-Shabaab per poi diffonderli sul social media. Altra pagina presa in esame è al-Hijrateyn media che diffonde messaggi dello Stato Islamico in lingua araba, swahili e somala. Inoltre, sulla pagina ancora attiva, vengono diffusi audio della durata di un’ora, notizie e fatwa (sentenze legali o decreti su punti di diritto islamico) e editti religiosi legati allo Stato islamico. Tutto questo è sfuggito ai controlli di Facebook visto che i contenuti sono stati continuamente condivisi da molti sostenitori al punto che sono quasi 84.000 le visualizzazioni sulla piattaforma.

Secondo l’ISD «l’uso di questi “media indipendenti” si è rivelato molto efficace su Facebook e la stima è che queste “reti di notizie” abbiano raccolto quasi 39.488 follower e siano cresciute di oltre 8.600 follower dal gennaio 2022».Il report mostra come Facebook, in termini di moderazione dei contenuti e abuso delle sue pagine, presenti evidenti lacune specie per i contenuti in lingua somala. I ricercatori hanno scoperto una rete fatta di 23 pagine somale con 32.363 follower su Facebook. Inoltre, le pagine di estremisti hanno pubblicato 843 video che hanno ottenuto 650.186 visualizzazioni e sono stati condivisi 101.137 volte sulla piattaforma. Ma qual è la narrazione che i gruppi terroristici utilizzano, cosa vogliono comunicare? Queste pagine propongono al-Shabaab e lo Stato islamico come i legittimi protettori della umma musulmana nel Corno d’Africa, scomunicando contemporaneamente «i musulmani infedeli» in altri Paesi dell’Africa orientale. A questo proposito Moustafa Ayad afferma: «Questa narrazione cerca di seminare sfiducia e presentare sia al-Shabaab che lo Stato islamico come alternative popolari all’attuale status quo. Il contenuto pubblicato da queste reti cerca di disumanizzare i gruppi sociali esterni per rafforzare il loro movimento e radicalizzare le persone». Non è certo un segreto che gli estremisti amino Internet. Il controllo del territorio digitale è parte integrante della loro sopravvivenza e delle ideologie dei gruppi tanto quanto il territorio fisico. In risposta, quindi, le aziende Big Tech hanno dovuto correggere il corso e creare politiche per affrontare l’aspetto del comportamento estremista sulle loro piattaforme ma la battaglia è lunga, complessa e piena di difficoltà. Stessi problemi che incontrano coloro che sono impegnati alla lotta contro lo jihadismo, come ci conferma l’analista strategico Franco Iacch: «L’antiterrorismo deve tenere il passo con le costanti evoluzioni nel metaverso e la natura adattiva degli attori malevoli. Le piattaforme emergenti, a causa della limitata consapevolezza delle loro funzionalità, potrebbero essere sfruttate dalle organizzazioni terroristiche per la radicalizzazione di particolari soggetti. É l’inventiva dell’uomo, la sua fantasia a trasformare qualsiasi cosa di banale, innocua o semplicemente trascurata in un’architettura potenzialmente letale. Non fa eccezione il contesto cyber-war: il metaverso è ormai il mezzo prevalente per la condivisione delle informazioni. Proprio come qualsiasi altra comunità online, simpatizzanti e terroristi hanno creato il proprio stile e linguaggio per dimostrare l’appartenenza all’organizzazione terroristica. L’asimmetria non si basa esclusivamente su un massiccio impiego di sistemi crittografati, ma sull’utilizzo di canali convenzionali, emergenti, insospettabili o mediante semplici azioni. Un canale ritenuto sicuro e particolarmente blindato, ad esempio, potrebbe attirare su di sè maggiori controlli. Il terrorismo è una metastasi che, oggi, si propaga attraverso le piattaforme web della società. Poiché Internet supera i confini geografici, culturali ed economici, il suo grado di sensibilizzazione è potenzialmente globale».Leggi su panorama.it