Gli eco-affari della mafia da miliardi di euro

Con l’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro si torna a parlare dell’interesse della mafia per le energie rinnovabili. Un business da 24 miliardi l’anno che nel 2012 ha portato all’arresto di Salvatore Angelo che avrebbe gestito per conto del “fantasma di Castelvetrano”,numerose attività nel settore delle energie rinnovabili. Il settore ambientale infatti rappresenta un’area privilegiata di interesse della criminalità per fare business con manovre speculative sulle cosiddette “energie rinnovabili” quali fotovoltaico, eolico e biomasse. Un settore incentivato dall’Unione Europea per promuovere la sostenibilità ambientale.In questo contesto, la criminalità organizzata, che da sempre ha sfruttato il territorio e l’ambiente per i suoi affari illeciti, vede oggi nello sviluppo della green economy l’opportunità di riciclarsi e invadere sempre di più il tessuto dell’economia legale.Il collegamento tra criminalità organizzata e settore energetico è stato accertato più volte, nel corso degli anni, grazie all’azione di contrasto e vigilanza attuata da forze dell’ordine e dalla magistratura.

Il modus operandi della mafia

Da un’attenta analisi delle dinamiche che interessano il settore delle energie rinnovabili è emersa l’importanza di una figura professionale che nel corso degli anni è diventata indispensabile per gli investitori ossia quella dell’intermediario (project developer), al quale è demandato il compito di gestire le relazioni con gli stakeholders locali, direttamente interessati dalla costruzione di un impianto che genera “energia pulita” e di seguire la relativa procedura di autorizzazione. Un ruolo chiave in quanto le imprese reputano più vantaggioso pagare un intermediario, in grado di consegnare “chiavi in mano” le c.d. wind farm, anziché scontrarsi in prima persona con lentezza e l’incertezza dell’iter di autorizzazione senza essere sicuri della riuscita del progetto. L’importanza di questa figura è stata percepita anche dai sodalizi criminali, che si avvalgono degli intermediari per “pilotare” e di conseguenza gestire illecitamente il business delle “energie rinnovabili”, senza peraltro figurare in prima linea nelle varie fasi di avanzamento del progetto.L’intermediario è, difatti, capace di operare su più fronti, gestendo i rapporti con le organizzazioni criminali, che concedono una sorta di “protezione” al progetto in tutte le sue fasi e con funzionari pubblici e burocrati collusi che consentono, in contrapposizione con i doveri del proprio ufficio, la perpetrazione di gravi irregolarità al fine di ottenere un ingiusto vantaggio per sé o per altri.Tuttavia, la presenza della figura dell’intermediario nel settore delle energie rinnovabili in Italia non rappresenta la sola criticità esistente.

Il quadro normativo favorisce l’infiltrazione mafiosa

Il quadro normativo di riferimento sulle energie rinnovabili è incerto e frammentario e favorisce comportamenti illegali proprio nei territori dove vi è una forte presenza della criminalità organizzata capace di esercitare direttamente o indirettamente il controllo del territorio.I sodalizi criminali possono agevolare la costruzione di un impianto che produce “energia pulita”, interfacciandosi con gli enti preposti al rilascio delle varie autorizzazioni e/o certificazioni secondo il classico agire mafioso basato sull’intimidazione e sulla corruzione.Venendo poi all’analisi delle diverse forme di criminalità operanti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili.

La filiera della mafia eco-criminale

L’imprenditoria eco-criminale è caratterizzata dalla propensione all’utilizzo di approcci e metodi di stampo mafioso, soprattutto in termini di accettazione della possibilità di ricorrere alla corruzione e alla frode, nonché dalla capacità di utilizzare anche strumenti leciti per dissimulare finalità illegali.Per perseguire i propri obiettivi illeciti, così si avvale della consulenza qualificata dei cosiddetti colletti bianchi e professionisti compiacenti, nonché di progettisti e mediatori che sempre più si sostituiscono agli imprenditori nei rapporti con le istituzioni. Le modalità di attuazione del piano criminoso messo in atto dagli “imprenditori” seguono che prevede la costituzione di una società principale in forma semplice incardinata in un sistema di scatole cinesi costituite ad hoc al fine di garantire la capacità finanziaria richiesta a garanzia dell’esecuzione dell’impianto. In questo modo si tenta di sfruttare una attività economica legale, quali quella delle energie rinnovabili, asservendola, in modo strumentale, ad una finalità illecita come il riciclaggio di denaro sporco, l’evasione fiscale o l’appropriazione indebita di finanziamenti pubblici. In alcuni casi questo avviene in ambito internazionale, in modo da poter usufruire delle opportunità determinate dalle normative finanziarie e fiscali dei cosiddetti “paradisi fiscali”. In questa prospettiva, la creazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili consente di realizzare una filiera economico-finanziaria che facilita la commissione di reati (es. riciclaggio nella fase di finanziamento dell’investimento necessario per la realizzazione delle infrastrutture) e permette di godere della rendita pluriennale legata agli incentivi statali per la produzione di energia. Proprio quest’ultima opportunità, rappresentando una sorta di avallo pubblico, diventa uno strumento di garanzia per accedere al mercato finanziario internazionale.

Le operazioni della Scico (Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza) di contrasto delle infiltrazioni mafiose nel settore delle energie rinnovabili nel periodo 2018-2022.

Il primo Ottobre 2021, il Nucleo P.E.F. di Crotone, nell’ambito dell’operazione denominata “TURÒS”, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare (2 in carcere e 3 ai domiciliari), emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro, nei confronti di 5 soggetti responsabili, a vario titolo, anche in concorso, dei reati di cui agli artt. 644 (usura), anche aggravata dall’art. 416-bis1 e 629 (estorsione), aggravata dall’art. 61 c. 2., c.p., sottoponendo a sequestro preventivo, per sproporzione, beni per oltre 100 mila euro.La citata indagine, che ha visto indagati ulteriori 7 soggetti, responsabili, a vario titolo, dei reati di cui agli artt. 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), 323 c.p. (abuso d’ufficio) e 132 (abusiva attività finanziaria) D.Lgs. n. 385/1993 (TUB), ha preso le mosse da una precedente attività investigativa, nell’ambito di un procedimento penale acceso presso la Procura della Repubblica di Crotone, nella quale erano emersi indizi di reità in ordine a prestiti usurai, in favore di un imprenditore edile, concessi da uno dei due soggetti tratti in arresto, ritenuto vicino alla locale di ‘ndrangheta di Cutro (KR).Le investigazioni, nell’ambito delle quali sono stati accertati 5 episodi di usura, hanno inoltre permesso di accertare il coinvolgimento di ulteriori due soggetti intranei alla medesima cosca “GRANDE ARACRI” di Cutro, nell’illecita attività di recupero credito, attraverso minacce e pressioni psicologiche alle vittime.E’ altresì emersa una truffa in danno del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), finalizzata all’ottenimento di incentivi nel settore dell’energia eolica, che ha visto coinvolto anche un dirigente del Comune di Crotone.La condotta fraudolenta ha riguardato la fase di realizzazione di due pale eoliche a Crotone, in relazione alla quale sono state rilasciate false attestazioni utili a collocare i tempi di realizzazione dell’opera entro i termini imposti dalla normativa di settore, condizione necessaria per poter accedere al meccanismo di incentivazione.

Il 2 Giugno 2022, il Nucleo P.E.F. di Bologna, nell’ambito dell’operazione “BLACK FOG”, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bologna, nei confronti di 1 soggetto, principale indagato, in relazione al reato di cui all’art. 512-bis C.P., aggravato dal “metodo mafioso” di cui all’art. 416-bis 1 c.p., in ragione della vicinanza dello stesso alla ‘ndrina “IAMONTE” di Melito di Porto Salvo (RC), della quale curava personalmente gli interessi economici. Contestualmente è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dalla medesima A.G. fino alla concorrenza del valore di 15 milioni di euro.Tra i beni sottoposti a sequestro figura il 100% della partecipazione a due imprese di diritto rumeno, responsabili della gestione di due centrali idroelettriche situate in Romania, amministrate dal principale indagato a mezzo prestanome.L’attività ha avuto spunto dalla precedente operazione denominata “Nebbia Calabra”, nel corso della quale era stata rinvenuta copiosa documentazione, anche informatica, relativa a consistenti investimenti effettuati all’estero dal principale indagato, grazie alla connivenza e al supporto di numerosi “colletti bianchi” legati al mondo della finanza e dell’imprenditoria.

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