Hawkeye, il preambolo è giusto

Hawkeye, il preambolo è giustoHawkeye recensione no spoiler

Lo abbiamo detto e ripetuto un sacco di volte, ma il succo della faccenda è che le serie TV dell’MCU hanno più margine per sperimentare rispetto ai film. Per provare a variare un minimo la formula. WandaVision ha toni diversi rispetto a Loki, o a The Falcon and the Winter Soldier. E lo stesso vale per Hawkeye, che ha debuttato oggi su Disney+ e ci porteremo dietro fino a Natale. E cosa c’è di più natalizio di una storia di super-eroi in salsa Die Hard, con vetri in frantumi, smitragliate e riluttanti eroi che si dedicano all’automedicazione? Yippee Ki Hawkeye, Marvel fan.

Hawkeye recensione no spoiler

PHAWKEY STORIE

Che Hawkeye, quanto meno in questi primi due episodi, sia la serie MCU più urbana vista finora, quella con la minore componente sci-fi, magica, svolazzante, supereroica, pandimensionale, non sorprende chiunque sappia che questo show è fortemente ispirato a una delle saghe a fumetti Marvel più celebrate degli ultimi dieci anni, l’Hawkeye di Matt Fraction (qui ingaggiato come Consulting Producer) e David Aja. Una storia in cui Clint Barton/Occhio di Falco non indossa il costume, ha a che fare con quei bestioni idioti della mafia in tuta (che ripetono pure nel fumetto quel “Bro” ogni due secondi), se ne va in giro con la quasi-apprendista Kate Bishop e il cane guercio Lucky (fu Arrow). A vivere fantastiche avventure in una miriade di vignette quadrate in cui si frammenta ogni pagina, con uno storytelling pazzesco.

Una storia adorabile, tutta basata su dialoghi da film, a cui è stato ispirato un po’ tutto per la serie TV, compresa la grafica dei poster e della sigla. Ovvio, con gli adattamenti del caso, ché questo Clint Barton ha una famiglia, Kate non è ancora un’eroina e il contesto è leggermente diverso. Ma per chi ha letto quella storia, ci si sente immediatamente a casa, per così dire.

Hawkeye recensione no spoiler

FRECCIATINE

Quello che per ora sembra funzionare di più, a giudicare dai primi due episodi di Hawkeye, è il tipo di umorismo adottato, che non è quello consueto delle gag da MCU, ma più un’ironia ammiccante da buddy movie anni 80. Senza quel livello di violenza esplicita, ma comunque con i morti ammazzati. E d’altronde, chi è questo Clint, se non un povero cristo che in giro viene messo in ombra dalle cosplayer di una certa tizia con la treccia, è costretto a sorbirsi il musical su Steve Rogers e gli Avengers, e vorrebbe solo tornarsene a casa per Natale e starsene tranquillo, con un maglione natalizio brutto addosso? Se non un John McClane senza quella canottiera da pensionato?

Gli scambi tra Barton (Jeremy Renner) e Kate Bishop (la Hailee Steinfeld di Bumblebee, che è già stata una super-eroina: la voce di Spider-Gwen in Spider-Man – Un nuovo universo) funzionano proprio perché il primo è perfetto nella parte dell’eroe scazzato che non vorrebbe proprio saperne, di quella storia lì, ma è costretto a fare quello che deve fare. Anche per via del suo passato non bellissimo di ninja che passava al fil di spada la gente in Giappone, ecco.

E puoi avere dei poteri pure piccoli, ma ti capitano lo stesso addosso le grandi responsabilità. E magari potresti fare una telefonata a qualche super-amico e risolvere tutto, ma non sai come trattare quel passato lì, e allora fai tutto da te, comprando il disinfettante al supermercato, prendendo a cazzotti i cattivi in tuta che ti chiamano Bro, cose così. Perché sei solo un tizio abilissimo con un arco, il più umano e meno super tra gli Avengers ancora in vita.

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ECHI NINJA

L’eredità scomoda di Ronin si intreccia con le vicende non solo della “tracksuit mafia”, ma della famiglia di Kate, composta da sua madre, Eleanor Bishop (Vera Farmiga), e dal futuro marito di quest’ultima, un insopportabile stronzo interpretato da un maestro del genere, Tony Dalton (il Lalo Salamanca di Better Call Saul). Ecco, quest’ultima parte è da mettere un po’ a fuoco, ché la soluzione della caramella mi è sembrata un po’ così, ma, a proposito di fuoco, c’è ancora tanta carne da mettere sulla griglia. A cominciare dal debutto di quella che sarà la protagonista di una serie spin-off già annunciata: Echo, Maya Lopez (Alaqua Cox).

Ed ecco, magari proprio l’aggiunta di Echo, la vicenda di Ronin e più in generale il contesto urbano possono fungere da apripista per un nuovo filone, non solo in questa Fase 4 dell’MCU. Avvicinarsi a quello che era il contesto degli eroi metropolitani Marvel su Netflix. Creare un ponte. Perché non so voi, ma io ho decisamente voglia di tornare a vedere Daredevil in azione.

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ANNIE ARE YOU HAWKEYE?

E ok le presunte, probabili, vai-a-sapere comparsate in questo o quel film MCU per reintrodurre Charlie Cox, ma un terreno comune su cui far muovere She-Hulk, Moon Knight, Matt Murdock e gli altri sarebbe una grande cosa. Il Marvel Universe è, da sempre, tanto lo spazio profondo, le dimensioni parallele e i futuri alternativi, quanto eroi che si lanciano dai tetti e combattono tra le strade di New York.

Il resto, comunque, lo scopriremo nelle prossime settimane. Ma quel che è certo è che era ora che anche il vecchio Occhio di Falco, dieci anni dopo il suo debutto nell’MCU, avesse la luce dei riflettori tutta per lui. Anche se vuole solo tornarsene a casa per Natale. E non guardare mai più quegli stupidi musical, certo.

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