venerdì, 15 Novembre 2024
I 100 comitati che dicono No all’inceneritore di Roma
Li chiamano Nimby, acronimo inglese di Not In My Backyard, sono quelli che dicono No a qualsiasi cosa spesso a prescindere e che dalla Gran Bretagna sono migrati con successo anche in Italia. Ci sono i No Tav (soprattutto grillini anche se poi il partito ha cambiato idea), i No Tap, i No Mose, i No Stadio di Milano e, ovviamente, i No all’inceneritore di Roma. gente a cui non è parso vero sentire il proprio sindaco neo eletto dichiarare: «Roma avrà il suo termovalorizzatore». Apriti cielo ed ecco tutto un pullulare di comitati con le loro ragioni, a volte cose già sentite e quindi slogan rubati ad altri, in altri casi con motivazioni anche con un loro fondamento logico. Il tutto, ovviamente fermandosi al No. La proposta di alternative per risolvere i problemi non viene nemmeno presa in considerazione e lasciata a politici e tecnici, per essere così a loro volta contestate.
L’inceneritore di Roma servirà a far sparire le tonnellate di rifiuti che si trovano nelle strade, dove la raccolta differenziata non esiste. Infatti i romani non sanno nemmeno cosa sia e spendono oltre un miliardo l’anno per la gestione dei rifiuti i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma quali sono le ragioni del No dei cittadini? Ci sono diversi comitati in zona che fin dall’inizio si sono dichiarati contrari. Queste le loro ragioni.
Massimo Piras esperto gestione rifiuti · Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare
«Noi insieme a quasi tutti i comitati di Roma che sono oltre 100, siamo contrari al termovalorizzatore che vuole realizzare Gualtieri perché altamente inquinante e pericoloso per la salute pubblica oltre che fuori legge. Il vero problema è che Roma non ha alcuna intenzione di fare la differenziata ed ogni anno spende quasi un miliardo per la gestione dei rifiuti, ma disperdere 570mila tonnellate di micropolveri prodotte dalla combustione dei rifiuti nell’atmosfera non è la soluzione. Gualtieri vuole far sparire i rifiuti bruciandoli tutti in un inceneritore senza differenziare. Basti pensare che questo tipo di impianto secondo le normative europee è superato infatti non possono essere finanziati né con fondi europei né con fondi del Pnrr. Quindi Gualtieri molto probabilmente da quello che si sente in giro realizzerà l’inceneritore con fondi privati. Soltanto che la tecnologia che crediamo vogliamo usare Gualtieri non è quella già in uso nel Lazio a San Vittore che brucia il CSS (prodotto della selezione dei rifiuti indifferenziati) ossia quello che rimane dagli impianti Tmb ma bensì è di bruciare tutto, compresa la parte organica, in pratica vengono tolti solo i metalli».
Che differenza c’è con gli impianti del Nord?
«Al nord c’è una raccolta differenziata molto avanzata soprattutto a Milano con l’umido e gli impianti prendono come dicevo lo scarto dell’indifferenziata. Perché per legge i rifiuti indifferenziati non possono essere bruciati. Quindi un conto è bruciare lo scarto un conto è bruciare tutto perché l’impatto ambientale è enorme. Non si parla di bruciare solo carta e plastica ma anche l’organico generando delle emissioni enormi. Quello che molti non capiscono è che se noi mettiamo 600mila tonnellate di rifiuti dentro un impianto di incenerimento ne tiriamo fuori come dice Gualtieri il 5% di ceneri ossia 30mila tonnellate ma il restante 570mila tonnellate, non si dissolve come vogliono far credere nel nulla, ma viene disperso in aria in un raggio di 20 chilometri, per cui la discarica diventa è l’atmosfera. Non è vero che scompare».
Il termovalorizzatore romano secondo molti dovrebbe essere realizzato in provincia di Roma e i comitati sono già sul piede di guerra. Paolo Ceccarelli – Comitato di Quartiere di S. Palomba
«Il comitato Santa Palomba chiede da 30 anni al Comune di Roma più servizi e decoro, per un’area che conserva in gran parte la sua vocazione agricola, con colture pregiate, vigneti doc e prodotti bio. L’area industriale sorge infatti in pieno agro romano ed è circondata da ben tre vincoli paesaggistici. Le emissioni della combustione dipendono da cosa si brucia e purtroppo nei cassonetti di Roma finisce di tutto, dai pneumatici all’eternit. Come fanno a monitorare sostanze prodotte da materiali che non dovrebbero esserci? E poi quale pianificazione perversa può prevedere la costruzione di 1.000 appartamenti di housing sociale, finanziati da Cassa Depositi e Prestiti, accanto ad un inceneritore? Siamo diventati un Paese in cui il diritto alla salute dipende dal reddito? Se ai Parioli credono che l’impianto faccia bene, lo facessero lì, personalmente non ci dormo la notte al pensiero che un bambino possa ammalarsi o morire a causa degli inceneritori, ovunque siano».
Arturo De Marzi – Comitati di Quartiere di Albano
«Il problema da risolvere dovrebbe essere la produzione abnorme di rifiuti di Roma pari a 600 kg annui pro capite, record tra le capitali UE, e la pessima qualità della misera raccolta differenziata della Capitale, invece si preferisce lasciare tutto com’è, bruciando i rifiuti al confine con altri Comuni come Albano, che invece adottano soluzioni sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico, differenziando oltre l’80% dei rifiuti. Sembra una rivisitazione al contrario della favola di Esopo, in cui le cicale fanno respirare le emissioni nocive della combustione di rifiuti indifferenziati alle formiche, che si impegnano per separare i materiali con percentuali superiori al minimo previsto dalla legge. Occorre evitare il ripetersi di disastri ambientali come quello di Colleferro, dove l’inceneritore è stato chiuso a seguito di innumerevoli scandali».
Mirko Laurenti – Legambiente circolo Appia Sud “Il Riccio”
«Sotto certe latitudini non si può parlare di termovalorizzatori ma solo di inceneritori, perché il recupero di energia termica non trova applicazione, e questi impianti oltre a non essere finanziabili dall’Europa, sono all’ultimo posto nella gerarchia europea delle soluzioni di smaltimento. L’inceneritore per Roma sarebbe una zavorra che impedirebbe di far decollare qualsiasi progetto teso alla riduzione, riuso e riciclo, perché andrebbe garantito l’enorme quantitativo di rifiuti previsto per il suo funzionamento. Per quanto riguarda la localizzazione, oltre alle ineliminabili emissioni nocive, che si aggiungerebbero all’inquinamento preesistente prodotto dalla discarica di Roncigliano, l’impianto aggraverebbe la crisi idrica in un quadrante già sottoposto a tutela da una specifica legge regionale (cfr. D.G.R. Lazio n. 445 del 16 giugno 2009 per la Tutela dei Laghi Albano e di Nemi e degli acquiferi dei Colli Albani)».