martedì, 26 Novembre 2024
I Pd pronto a cambiare regalandoci il solito psicodramma congressuale
È cominciato oggi con la Direzione Nazionale lo psicodramma del Pd. Un percorso che a sentire le dichiarazioni dei dirigenti attuali, di quelli passati (D’Alema e Bindi) e di molti intellettuali (di sinistra, ovviamente dato che la cultura è esclusiva per diritto divino) si presenta burrascoso. Come dimostra il fatto che al prossimo Congresso di inizio 2023 ci sono già oggi più candidati che alle ultime selezioni di X Factor.
Una giornata cominciata con la relazione del segretario (dimissionario), Enrico Letta, il grande sconfitto delle recenti elezioni politiche.
70 minuti di intervento in cui il segretario ha ribadito alcune cose a suo modo di dire importanti e che meritano attenzione. La prima va contro l’ipotesi dello scioglimento del Partito Democratico, evocata da molti; Letta è fortemente contrario al punto da difendere persino il simbolo («Lo amo, resti così com’è»). Poi avanti con altre considerazioni. «Dobbiamo mettere nero su bianco il fatto che non saremo più disponibili a governi di salvezza nazionale. Quando cadrà il governo della destra si dovrà andare ad elezioni anticipate»; parole importanti da parte del partito che nell’ultimo ventennio ha vinto una sola elezione (e di poco) ma di fatto proprio grazie al «senso di responsabilità verso il Paese» si è seduto sulle poltrone di comando. Un bel cambiamento che riporta la sinistra vicino a Giorgia Meloni che dopo la caduta del governo Conte 1 e del Conte 2 aveva chiesto il ritorno alle urne venendo coperta di critiche ed insulti di ogni tipo.
Sulla sconfitta elettorale poi il mea culpa è stato minimo. «Non riamo riusciti a costruire il Campo Largo ma non per colpa nostra ed abbiamo pagato una legge elettorale sbagliata». Eccolo, il responsabile unico: il Rosatellum, legge elettorale fortemente voluta proprio dal Pd nel 2017 per arginare la crescita del Movimento 5 Stelle e che porta il nome del suo relatore oggi in Italia Viva ma allora alto esponente al Nazareno.
Poi le indicazioni sul futuro: «ci vogliono più donne a cominciare dalle capogruppo di Camera e Senato» segno che il fatto che la prima donna premier italiana sia espressa dalla destra e non dalla sinistra resterà per sempre una ferita indelebile.
Ha poi spiegato Letta che il congresso non si dovrà riassumere nella scelta sulla futura alleanza con il M5S o Azione/Italia Viva, anche se ha per tre volte ricordato a Conte che «siamo il secondo partito del paese, il primo dell’opposizione che dobbiamo guidare…», giusto per mettere sul tavolo di un’eventuale trattativa chi ha il coltello dalla parte del manico.
Quello che però è del tutto mancato, e che da solo riassume il nocciolo della questione, è un progetto per il futuro del Paese. Letta ha ammesso che il Pd non è più il partito di «quelli che non ce la fanno», insomma ha ammesso quello che andiamo dicendo da anni: è il partito del centro di Milano, di Beppe Sala, dei potenti, dei radical chic. Ma su cosa fare, su quale Italia costruire domani soprattutto per le categorie più deboli il nulla del nulla. O meglio, peggio del nulla. Perché il segretario ha spiegato come il programma con cui il Pd si è presentato agli elettori sia un «ottimo programma che gli italiani non sono riusciti a capire in questa campagna elettorale rapida ed estiva». forse è il caso che invece qualcuno gli spieghi che l’80% degli italiani che sono andati al voto invece quel programma lo hanno capito benissimo e lo hanno rifiutato.
Quel che resta è che da oggi e fino alla primavera la sinistra ci regalerà la solita solfa delle correnti e delle lotte interne fino alla nomina dell’ennesimo segretario, che non sarà la soluzione ad alcun male. E che soprattutto interessano poco, pochissimo, alla gente. Su YouTube, dove abbiamo seguito l’intervento, il picco di spettatori presenti è stato di 2100 persone. Nel mondo del web è una cifra pari allo zero assoluto.