giovedì, 14 Novembre 2024
I ritardi sul Pnrr alla prova degli ispettori europei
L’Italia tira dritto sul Pnrr, nonostante da più parti sia giunto l’invito a modificare alcune parti del piano, in uno scenario mutato dall’invasione russa dell’Ucraina: le polemiche sul testo non sono esattamente il miglior biglietto da visita da esibire agli ispettori della commissione Ue, che oggi arrivano a Roma per valutare lo stato di avanzamento del piano che serve a smistare e gestire i fondi arrivati da Bruxelles per far fronte alla crisi del covid. Per ora, come ha confermato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, si va avanti sulla strada tracciata. “In questo momento in cui la guerra rischia di avere un impatto sulla nostra crescita economica, dobbiamo mantenere la ripresa sul cammino già indirizzato grazie ai piani di crescita e resilienza. Ovviamente questi piani sono stati disegnati prima della guerra ma sono di una straordinaria importanza ora, perché sono capaci di produrre crescita in una situazione difficile”.
Da parte sua già la settimana scorsa il ministro dell’Economia Daniele Franco era stato chiaro: “Molti chiedono se si debba cambiare il Pnrr per il caro energia e la guerra. Secondo me no, perché i motivi per cui l’Europa si è data questo piano non sono cambiati”. L’obiettivo del piano, aveva spiegato Franco, “era quello di uscire dalla recessione, affrontare la questione climatica per la manifattura, cambiare i prodotti, il modo di viaggiare e consumare. Poi la rivoluzione tecnologica e l’inclusione. Quindi dobbiamo avere chiari questi obiettivi e semmai bisogna accelerare”. In alcuni casi, aveva aggiunto il ministro, “può darsi che dovremo rivedere le valutazioni su alcune opere, e troveremo risorse europee o nazionali, ma l’importante è che ogni intervento sia selettivo, che vada a trovare i problemi e risolverli”, riferendosi alla crescita dell’inflazione e del costo di alcune materie prime.
Ma a che punto siamo con l’implementazione del piano? Secondo i calcoli di Alessio Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, i primi 51 obiettivi del Pnrr sono stati raggiunti e “altri 45 saranno completati entro giugno. Di questi, sette sono già stati conseguiti. Entro la fine del mese dovrebbero diventare 10. A questi si aggiungeranno altri 7/8 da raggiungersi tramite specifici interventi normativi primari”, ha spiegato Garofoli, precisando che l’esecutivo sta lavorando a un nuovo decreto legge in materia che sarà approvato nei prossimi giorni.
E dai ministeri arriva un coro di conferme, a partire dal Mite di Roberto Cingolani, che in tv ha dichiarato: “Per L’Italia sento di poter confermare che siamo in agenda” sui piani di attuazione del Pnrr. “Certo bisogna sperare che la situazione del conflitto in Ucraina non peggiori portando ancora più ripercussioni sul settore dell’energia”. Per Cingolani, “in assenza di eventi ancora più catastrofici potranno essere confermati gli impegni per la decarbonizzazione nei tempi stabiliti dagli ultimi impegni internazionali assunti”, mentre nel medio periodo andrà riprogrammato e riprogettato il mix di energie per essere meno dipendenti da poche fonti e pochi Paesi di approvvigionamento. Il titolare delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha fatto sapere che i “61,4 miliardi di euro” assegnati al suo ministero “sono in fase avanzata di attuazione e il 31 marzo faremo una conferenza stampa in cui ne daremo conto”. In particolare, ha detto, “abbiamo distribuito il 99% dei 61,4 miliardi a dicembre agli enti attuatori” e l’attuazione del Pnrr porterà a una “riduzione del 38% dell’indice di disuguaglianza con un maggiore accesso alle infrastrutture ferroviarie”. Tra i traguardi del piano, ha aggiunto, “auspico il completamento dei progetti sulle tratte ferroviarie e anche la messa in sicurezza della risorsa idrica”, oltre alla sperimentazione dei treni a idrogeno.
Tuttavia, non mancano le voci critiche: a partire dai costruttori dell’Ance, che hanno chiesto a Giovannini di rivedere il piano e i relativi bandi alla luce dell’aumento delle materie prime. Secondo l’associazione, dalla seconda metà dell’anno scorso il prezzo dei tondini di ferro è salito dell’80% e quello dell’acciaio del 130%, per questo servirebbero più risorse per portare avanti i cantieri. Si lamentano anche le comunità montane, secondo cui il Pnrr deve cambiare non a causa del caro energia, ma piuttosto “per evitare di mandare i comuni in crash tra dieci bandi da cento pagine che al posto di generare coesione, contrappongono gli enti come in lotterie”. A lamentare di essere stati esclusi dall’accesso alle risorse del Piano sono stati anche gli Eps, enti di promozione sportiva, che sono rimasti fuori dal bando per la realizzazione e rigenerazione degli impianti sportivi che favoriscano il recupero delle aree urbane. Un avviso che al momento è rivolto solo alle federazioni sportive, motivo per cui gli Eps hanno chiesto al governo una “modifica del bando e il conseguente spostamento dei termini per presentare domanda”. Insomma, avanti sì ma non senza qualche ostacolo.