lunedì, 25 Novembre 2024
I vertici della Difesa russa tra realtà e disinformazione
Il ministero della Difesa di Mosca ha recentemente smentito ogni voce riguardante un ulteriore cambio al vertice dello Stato maggiore russo. Il “rumor” era apparso il giorno undici dicembre su alcuni social media russi sui quali si leggevano commenti riguardo la possibilità che il presidente Vladimir Putin volesse rimuovere il generale Valeriy Gerasimov con la fine dell’anno, sostituendolo con un candidato definito “di compromesso” e accettabile per le forze armate nel loro complesso, una persona che dovrebbe avere poteri illimitati, anche sul budget, con il compito di vincere quella che Mosca chiama ancora la sua Operazione militare speciale. Tuttavia, queste voci paiono per ora illazioni di chi non sostiene la linea putiniana, che qualche settimana fa davano per scomparso lo stesso alto ufficiale insieme con il ministro della Difesa Sergei Shoigu, mentre Gerasimov era in realtà presente a una riunione del comando militare russo tenutasi il 16 dicembre, evento al quale partecipava anche lo stesso Putin e durante il quale i rapporti tra i due erano apparsi cordiali.
Di vero, da ottobre a oggi, c’è che Vladimir Putin aveva incaricato il ministro Shoigu di pianificare uno sviluppo delle forze armate in senso di ammodernamento e aumento degli effettivi – seguendo la dottrina Makarov, predecessore di Gerasimov – alla luce dell’esperienza ucraina, dandogli tempo fino alla fine dell’anno. Dunque, è facile pensare che le illazioni siano state generate dal giudizio preliminare sull’operato del generale Gerasimov alla luce dei risultati ottenuti sul campo di battaglia dai suoi sottoposti. I giudizi sono severi anche sull’operato del colonnello Oleg Gorshenin, capo del Centro di gestione della difesa nazionale, poiché responsabile delle operazioni di addestramento al combattimento e della mobilitazione del personale.
Nulla invece trapela sulla posizione del capo della direzione operativa principale Sergei Rudskoi, nominato nel 2015; di Fanil Sarvarov, capo della direzione dell’addestramento operativo dal 2016, e di Ivan Buvaltsev, che guida la direzione addestramento al combattimento dal 2013 e che attualmente è responsabile dell’addestramento al combattimento delle persone precettate con la mobilitazione dello scorso mese di settembre. Non mancano le perplessità sull’efficacia delle operazioni dirette da Alexander Linets, capo della Direzione principale dei progetti speciali del Presidente della Federazione Russa dal 2015, incarico che comprende le misure di mobilitazione.
Ovviamente ogni eventuale cambio al vertice delle direzioni militari, puntualmente annunciata e prevista dai servizi di intelligence occidentali, è fonte di analisi da parte della Nato per comprendere come Putin intenda cambiare la strategia dell’attacco all’Ucraina nel 2023 e come costoro abbiamo intenzione di raggiungere gli obiettivi assegnati. In particolare, al momento il grande quesito riguarda la possibilità che Putin voglia davvero perseguire un’ulteriore escalation, comprendendo se la Russia si limiterà come ora a una campagna bellica intensificata – la saturazione delle difese di Kiev porta all’inevitabile utilizzo di una grande quantità di missili – o se sarà realizzata una grande offensiva da parte della fanteria e dei reparti meccanizzati una volta che arriverà la primavera. Azione, però, che comporterebbe la necessità di una seconda mobilitazione della quale sui media russi si discute da tempo, seppure ogni notizia al riguardo sia regolarmente smentita dal Cremlino.