Il Moskva è affondato tra fake news, bugie e propaganda (russe ed ucraine)

Ci sono diverse cose che non tornano nella vicenda dell’incrociatore lanciamissili russo Moskva “colpito” a non più di cento chilometri al largo di Odessa, dove era arrivato dopo tre giorni di navigazione da Sebastopoli ed affondato in serata come ha confermato Mosca. A cominciare dalla sua posizione nel momento in cui l’evento si è verificato.

Normalmente l’ammiraglia di una flotta, in questo caso quella del Mar Nero, è protetta da un gruppo di pattugliatori e da forze aeree, tipicamente elicotteri, che hanno proprio lo scopo di neutralizzare eventuali minacce in avvicinamento prima che possano fare fuoco. Ma soprattutto soltanto un fesso – e non credo che gli ammiragli russi siano tali – lascerebbe la nave praticamente indifesa a portata dei missili ucraini. Due i casi: o non sapevano della presenza di lanciatori e sistemi missilistici, oppure questi missili non c’erano. Sta di fatto che il Moskva (di classe Slava, tutt’altro che moderna, risale agli anni ’80), è stato danneggiato dopo che a bordo sono avvenute due esplosioni. Secondo il ministero della Difesa russo si sarebbe trattato di un incidente, ovvero di un incendio che avrebbe raggiunto uno dei magazzini delle munizioni di bordo.

La versione ucraina è ovviamente opposta: Kiev rivendica il successo di un’operazione che avrebbe visto il lancio di due missili antinave, e lo ha fatto per bocca del sindaco di Odessa Maksym Marchenko, il quale in un post sostiene che le forze ucraine avrebbero colpito la nave con un missile di tipo Neptune lanciato dalla costa nei pressi di Odessa. A far vacillare la tesi ucraina anche il fatto che Andrey Biletsky, fondatore del battaglione nazionalista ucraino Azov, ha pubblicato il video del missile che avrebbe colpito il Moskva, ma si tratta di un falso ricavato da una dimostrazione di lancio avvenuta in Norvegia nel 2013 durante una esercitazione. Intanto John Kirby, portavoce del Pentagono, colui che può sbirciare le immagini dei satelliti e dei velivoli spia, ha dichiarato: “Sappiamo che sul Moskva sono avvenute due esplosioni ma non sappiamo il motivo”.

Senza considerare i messaggi trionfalistici ucraini (disloca 11.500 tonnellate, difficile che un solo Neptune possa provocare tali danni in così poco tempo), se davvero i russi non sapevano che nella periferia di Odessa erano parcheggiati lanciatori montati su un automezzo Kraz-763h, ovvero lungo quasi 12 metri, con tanto di centro di comando (un container), una gru mobile per il trasferimento dei missili dal mezzo di trasporto a quello di lancio, e le relative truppe operatrici, allora fossimo Putin ci sarebbe da preoccuparsi sulle reali capacità dei suoi ufficiali dell’intelligence, per non parlare di quelli della Marina che gli piazzano la nave davanti.

Un’ulteriore considerazione riguarda le prestazioni del missile Neptune, una “pillola” di quasi 900kg che vola a pochi metri dalla superficie dell’acqua ma a una velocità inferiore a quella del suono, il che significa che per percorrere i circa cento chilometri (60 miglia nautiche) che separavano il lanciatore dal bersaglio dovrebbe aver volato almeno per cinque minuti. Un tempo piuttosto lungo perché il sistema d’allarme anti-missile di una nave ammiraglia non entri in funzione lanciando una contromisura oppure facendo sparare un’altra unità di protezione. Ecco quindi che la tesi ucraina fa acqua. Da parte russa invece non stupisce che un incendio possa aver creato gravi danni all’incrociatore, poiché quella classe di navi è sempre stata giudicata carente in fatto di protezione al fuoco. Varata con il nome Slava nel 1983 ma progettata negli anni Settanta, la nave è lunga 186 metri ed è armata con almeno otto missili antinave Bazalt, otto lanciatori Fort e quattro di tipo Sa-n-4. Questi ultimi, se opportunamente preparati, sono in grado di intercettare il Neptune. Difficile pensare che un’ammiraglia transiti a portata di batterie Neptune con le difese spente e senza assetto da combattimento; il Moskva è un incrociatore potente ma ormai obsoleto seppur sottoposto più volte a progetti di ammodernamento.

In ultimo non convince nemmeno il finale della storia, raccontato da Mosca, secondo cui l’incrociatore sarebbe affondato durante il trasporto verso Sebastopoli «per una tempesta». Ennesima bugia di tutta questa vicenda dove di sicuro ad affondare sono stati il prestigio della Marina russa e la credibilità delle fonti ucraine.

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