Il no grillino all’aumento delle spese militari mette in crisi la debole alleanza con il Pd

Quando dice che “aumentare le spese militari è una pazzia”, il Papa fa semplicemente il suo lavoro. Quando a dirlo invece è una colonna del governo in carica, le cose si mettono male.

Gli unici decisi senza se e senza ma a ritoccare al 2% del Pil le spese per gli armamenti, come concordato con gli alleati Nato, sono le truppe di Fratelli d’Italia. La Lega è preda di ripensamenti. Mentre lo psicodramma vero è quello che colpisce i Cinque stelle, dimostrando una volta di più che il famigerato “campo largo” tra Pd e grillini, in realtà è un campo di battaglia. Dove mediamente ci si scanna a vicenda. Su una questione cruciale, essenziale, identitaria, ontologica, esistenziale come le spese per la difesa, i Cinque Stelle minacciano apertamente di far saltare in aria il governo. Con la scusa di essere contro la guerra, muovono guerra a tutti: in primis a loro stessi.

Il primo a lanciare il sasso, e a far capire che sulle questioni militari il Movimento procedeva in ordine sparso, era stato il senatore Vito Petrocelli, che aveva invitato i colleghi a staccare la spina al governo “interventista”, e per giunta aveva disertato la seduta con il discorso del presidente ucraino Zelensky. I dirigenti sono corsi ai ripari dicendo che Petroselli parlava solo a titolo personale: una follia, considerando che si tratta del Presidente della commissione Esteri del Senato, non del primo che passa. Certo è che gli Stati Uniti hanno annullato la visita di Petrocelli su suolo americano, in quanto evidentemente persona non gradita. Facendo scoppiare un imbarazzante caso diplomatico.

Ma che sulla guerra russo-ucraina i cinque stelle siano attraversati da tragici dilemmi lo dimostra il fatto che anche Giuseppe Conte si mette di traverso (lui che da capo del governo aveva detto si al piano di aumenti voluto dalla Nato; lui che con i suoi governi aveva aumentato le spese militari). E in un video in cui batte materialmente i pugni sul tavolo, l’Avvocato pugliese lascia partire una frase minacciosa: “Ognuno farà le sue scelte, voteremo no, le spese militari non sono la priorità, ”, mentre anche la Lega sembra essere preda di ripensamenti. Si cammina così sul filo di una corda che sta per cedere. Con un Movimento mai così spaccato tra seguaci dell’Avvocato e discepoli di Di Maio, il quale anche per il ruolo che ricopre non può che essere allineato sulle posizioni di Draghi. E dunque si rifugia, in quel della Farnesina, in un silenzio imbarazzato. Ma la frattura grillina non divide solo i leader, bensì l’intera compagine parlamentare, con i senatori pronti a fare muro sulle spese militari (c’è chi è pronto a sfiduciare l’esecutivo) e i deputati decisamente più morbidi. Che razza di entità politica, su un tema così decisivo, porta avanti due visioni opposte nei due rami del parlamento?

Come non bastasse, in questa drammatica resistenza pacifista dei cinque stelle si inseriscono le polemiche non solo sul putinismo più o meno strisciante, ma anche sui comportamenti nebulosi del governo Conte nei confronti della “missione” russa in Italia durante l’emergenza covid. Tutte queste incognite vanno chiarite, e in fretta: il governo non può permettersi di barcollare in un momento internazionale come questo: rischiamo di fare figuracce mondiali. Sul piano interno, a questo punto, portare avanti l’alleanza strategica con il Pd, al momento il partito più “bellicista”, diventa davvero proibitivo per la strana coppia Letta-Conte. Non a caso anche il combattente grillino Di Battista si è schierato con l’Avvocato, per resistere ad oltranza sulla spesa per gli armamenti. Gettando così ulteriore benzina sul fuoco. Insomma, non sappiamo quando finirà la guerra in Ucraina: di certo, la guerra nel centrosinistra è appena cominciata.

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