domenica, 24 Novembre 2024
Il Pd della Schlein, contro «capibastone e cacicchi» e vicino a migranti e nomadi
Applausi, come allo stadio. Applausi scroscianti con gente in piedi. Una sorta di standing ovation. Una cosa «sentita», di pancia,, quasi una liberazione. Ecco, negli 80 minuti (interminabili) del discorso di insediamento di Elly Schlein, nuovo segretario del Pd, il 12°, il primo segretario donna (anzi, «segretaria», come hanno detto dal palco) il momento di maggiore entusiasmo della platea è stato quando la Schlein ha attaccato, anzi, silurato, il vecchio Partito Democratico: «Estirpiamo cacicchi e capi bastone» ed ecco esplodere il boato dalla curva!!!.
Il verbo estirpare dà da solo l’esatta dimensione dello stato disastroso interno del partito faro della sinistra ma fa specie l’entusiasmo arrivato dai delegati presenti all’assemblea nazionale, molti dei quali messi proprio dai capi bastone e cacicchi e che, va ricordato, nel 52% avevano votato Bonaccini e poco più del 30% la neo segretaria. Viene quindi da chiedersi se: a) è già scattata, fragorosa, la corsa a salire sul carro del vincitore oppure, b) siamo alle prese con i sorrisi e gli applausi di chi sta già meditando la propria vendetta e, magari non subito, è pronto a pugnalare alla schiena il nuovo Capo.
La stranezza di tanto entusiasmo è ancora più anomala dato che nell’applausometro la frase «cacicchi e capi bastone» ha ricevuto più calore degli attacchi al governo di destra («la peggiore d’Europa», «A Cutro abbiamo visto la sua disumanità»), la riprova che se al Nazareno c’era un nemico quello non era tanto dall’altra parte del Parlamento ma proprio dentro gli uffici del partito stesso.
Va poi aggiunto che negli 80 minuti c’è stato molto più spazio per spiegare come sarà il nuovo Pd piuttosto che raccontare quale sarebbe in concreto l’idea di Paese. Elly Schlein infatti ha detto poco, anzi nulla di pratico e dettagliato su economia, lavoro e soprattutto esteri. La guerra in Ucraina infatti ha avuto un semplice accenno, come se sono contasse, mentre sulla questione migranti di parole ne sono state usate parecchie.
Il resto è stata la solita sequela di luoghi comuni: la difesa della Costituzione, i giovani (senza dire in concreto cosa fare per loro), il sud, i diritti.. Niente che ad esempio il suo predecessore Enrico Letta non abbia detto un anno fa.
Intanto oltre ai migranti la nuova battaglia del Pd è a fianco dei nomadi. Da due giorni infatti si litiga sulla frase pronunciata nella metropolitana di Roma in cui un detto ha lanciato il seguente messaggio dall’altoparlante: «Attenti agli zingari» per proteggere i viaggiatori dai professionisti del borseggio. Apriti cielo: non si può dire zingari, è razzismo. Al massimo si può dire nomadi. E su questa questione dialettica-sociale stanno litigando professionisti della comunicazione, politici, politologi. Intanto però, mentre si litiga sul termine esatto da utilizzare questi «ladri di professione» (dire così è abbastanza politically correct?) stanno continuando liberamente a colpire. E c’è persino chi li difende.
Monica Romano, consigliera comunale del Pd a Milano, ha attaccato chi sui social mostra i video con le borseggiatrici della metropolitana e della Stazione Centrale: «Quest’abitudine di filmare persone sorprese a rubare sui mezzi Atm e di diffondere i video su pagine Instagram con centinaia di migliaia di follower è violenza, ed è molto preoccupante”, iniziava il post della Romano poi rimosso “La smettano, sia quelli che realizzano i video, si chi gestisce i canali Instagram che li rendono virali, di spacciare la loro violenza per senso civico. Non è così, trasformando le persone in bersagli, che si ottiene giustizia».
Potremmo cominciare da qui: ci dica la Schlein se sta dalla parte della sua consigliera, più attenta a difendere i ladri, o da quella dei derubati.