Il potere del cane, western tossico della Campion

(ANSA) – ROMA, 17 NOV – Mai come nel caso de IL POTERE DEL
CANE (The Power of the Dog) di Jane Campion, già in corsa per il
Leone d’oro a Venezia e in sala da oggi con Lucky Red e su
Netflix dal 1 dicembre, la lunghezza, 125 minuti, ha una sua
legittima ragione di essere. Il film con Benedict Cumberbatch,
Kirsten Dunst, Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee ha un suo
andamento lento, tossico, perché quello che si sta rivelando
della storia ha i suoi giusti tempi ed è solo uno dei possibili
sviluppi suggeriti dalla trama.
    Film Netflix, tratto dal romanzo omonimo di Thomas Savage (edito
in Italia da Neri Pozza), ci porta in Montana, nel 1920 in un
post-western. L’introverso allevatore Phil Burbank (Benedict
Cumberbatch) incute paura e timore reverenziale a tutti quelli
che lo circondano.
    Quando il mite e più colto fratello George (il grandissimo
Jesse Plemons) porta a casa la nuova moglie, la vedova Rose
(Kirsten Dunst), con il figlio di lei, Phil non ci sta ad
accettare quelli che lui considera solo degli estranei e li
comincia a tormentare in una guerra senza esclusione di colpi.
    Ma si può dire che se questa è la trama di minima quello che
succede dopo è legato a smottamenti emotivi dei personaggi tanto
sorprendenti quanto impossibili da raccontare senza fare
spoiler. Ma una cosa è certa che il figlio di Rose, Peter (il
longilineo attore australiano Kodi Smit-McPhee) che compare
molto in sordina solo a metà film alla fine sarà un vero e
proprio protagonista.
    Frase chiave de IL POTERE DEL CANE? Il suo stesso titolo. Si
tratta di un passo della Bibbia, un salmo che recita ‘Salva
l’anima dalla spada, salva il cuore dal potere del cane’. Cosa
che nel vecchio testamento significa la capacità e la
consapevolezza dei ricchi e dei potenti di poter opprimere i
poveri e coloro che non hanno nessun tipo di potere. (ANSA).
   

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