lunedì, 25 Novembre 2024
Il viaggio di Cognetti nell’anima del Monte Rosa
Quando “la natura dirà ‘ne ho avuto
abbastanza’, ci farà sparire o terrà solo una piccola parte e
andrà avanti. Io sono preoccupata, dispiaciuta e delusa rispetto
a quanto siamo stupidi, ma non sono preoccupata per la natura”.
Lo dice, serena, parlando del cambiamento climatico, mentre
prepara i piatti nella sua cucina, Marta, che ha trasformato
l’Orestes Huette, creato dal padre e lo zio, nel primo e unico
rifugio vegano delle Alpi. Una delle voci con le quali lo
scrittore Premio Strega Paolo Cognetti compone, dopo Le otto
montagne, il suo percorso intimo e universale, insieme all’amato
cane Laki, sul monte Rosa. Uno sguardo stavolta anche registico
nella sua opera prima, Fiore Mio, documentario che ha debuttato
in preapertura al Locarno Film Festival (7 – 17 agosto), in una
piazza Grande gremita che lo ha accolto con un lungo applauso.
L’approdo in sala del film (prodotto da Samarcanda Film, Nexo
Digital, Harald House, Edi Effetti Digitali Italiani con il
sostegno della Film Commission Vallée d’Aoste), avverrà più
avanti in un’uscita evento dal 25 al 27 novembre, con Nexo
Digital. Questo nuovo abbraccio della montagna, nel quale ci immerge
Cognetti, anche grazie alla straordinaria fotografia di Ruben
Impens e alle musiche di Vasco Brondi, tra bellezza, silenzio e
vita, inizia nell’estate del 2022 quando Cognett si trova
davanti all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul,
piccolo borgo a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di
Brusson. Un effetto di quel cambiamento climatico destinato a
sciogliere i ghiacciai e cambiare i paesaggi. Una molla che
spinge l’autore a condividere ancora più profondamente quei
luoghi, avendo come tappa tre rifugi (L’Orestes Hutte, il
Mezzalama e il Quintino Sella) e come compagni di strada amici,
maestri e persone per le quali la montagna è casa perché scelta
di vita o solo per un periodo. “Desideravo che i personaggi del film vivessero come gli
animali, che anche loro fossero soprattutto corpi, gesti, parti
della montagna – spiega Cognetti nelle note di produzione -. Non
tante parole. Ho voluto coglierli nel loro fare, entrare con lo
stesso silenzio e la stessa pazienza nella loro intimità”.
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