In 2021 recuperato 90% ricoveri persi per pandemia

(ANSA) – ROMA, 03 OTT – Nei reparti di medicina interna, nei
primi 9 mesi del 2021 è stato recuperato oltre il 90% dei
ricoveri e delle prestazioni sanitarie saltati nel 2020 a causa
della pandemia di Covid-19. Emerge dai dati elaborati dalla
Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), in
congresso fino al 4 ottobre a Firenze.
    Si tratta di cure rivolte a persone in molti casi affette da
Bpco, scompenso cardiaco, diabete, insufficienza remale cronica,
polmoniti, sepsi, edema polmonare acuto, emorragie o infarti
cerebrali. I dati, afferma la Fadoi, sono sorprendenti: lo
scorso anno nei reparti di medicina interna sono stati circa
400mila i ricoveri saltati a causa della pandemia, che ha visto
proprio gli internisti farsi carico del 70% dei pazienti Covid.
    Ebbene la stima della Federazione è che a oggi il recupero sia
stato quasi totale, con solamente l’8% in meno di ricoveri
rispetto a quelli registrati nel 2018, prima dell’era pandemica.
    Dall’1 gennaio 2018 a settembre dello stesso anno i ricoveri
erano stati infatti 705mila, mentre nello stesso periodo di
quest’anno se ne contano 650mila, solo 55mila in meno (l’8%
appunto) rispetto al pre-Covid. I numeri non cambiano di molto
se si prendono in considerazione i soli pazienti cronici, che
rappresentano una fetta consistente dei ricoverati nelle
medicine interne dei nostri ospedali. Sempre da gennaio a
settembre nel 2018 i ricoveri in questo caso erano stati
395mila, mentre nello stesso periodo di quest’anno si è arrivati
a 346mila. Sono dunque in questo caso 49mila i ricoveri che
mancano all’appello, il 12% per ritornare ai livelli
anti-pandemia. Questo è “un risultato sorprendente se si
considera che le stime sui ricoveri si riferiscono
esclusivamente ai pazienti no-Covid e che invece sono proprio i
nostri reparti ad essersi fatti carico di larga parte delle
persone ammalatesi con il SarsCov-2 – commenta Dario
Manfellotto, Presidente Fadoi -. Ora si tratta di trarre tesoro
da questa esperienza, perché l’approccio intra-disciplinare
sotto la regia della
medicina interna che è alla base di questo miracoloso recupero
può e deve diventare il nuovo modus operandi dei nostri
ospedali, consentendo così di curare anche la piaga delle liste
di attesa”. L’esperienza maturata durante la pandemia, “dove
l’approccio multidisciplinare è stata l’arma vincente per
contrastare gli attacchi multisistemici del Covid – spiega – ci
conferma che l’idea di una medicina interna che assiste pazienti
a bassa intensità di cura è oramai fuori della realtà, perché al
di là dei ricoverati Covid, la maggior parte dei pazienti che
arrivano nei reparti di area medica per acuzie da pronto
soccorso hanno oramai un elevato livello di complessità e
comportano un notevole carico assistenziale. Per questo è
necessario riorganizzare le aree mediche dei nostri ospedali,
valorizzando le competenze trasversali della medicina interna,
in grado di affrontare anche i problemi dei malati a più alta
intensità di cura, come è avvenuto in era pandemica con la
gestione delle aree sub intensive da parte dei medici
internisti”. Per assistere questi pazienti, conclude
Manfellotto, “il modello organizzativo più funzionale è quello ‘a rete’, dove tutti i professionisti, compresi quelli del
territorio, collaborano. L’attivazione a luglio della rete di
medicina interna in Lombardia è un passo in questa direzione. Ci
impegneremo affinché non resti un esempio isolato”. (ANSA).
   

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