Io e Harry Potter: storia di un ex babbano redento (per forza)

Harry Potter e la pietra filosofale

Vent’anni esatti fa, il 16 novembre del 2001, usciva nelle sale USA Harry Potter e la pietra filosofale. Magari molti non se ne resero conto, lì, su due piedi, anche perché il mondo era scosso da faccende un attimo più pesanti, come un leggero accenno di terza guerra mondiale, ma l’entertainment per ragazzi stava per cambiare nuovamente volto. Indossando un paio d’occhiali. Vidi quel primo film in sala e avevo già letto da tempo il primo romanzo di J. K. Rowling, da tempo fenomeno editoriale sulla bocca di tutti. È buffo, ma per ragioni meramente anagrafiche, non solo c’ero quando tutto è iniziato, ma avevo già un numero sufficiente di anni per andare al cinema guidando io. Eppure non sono mai stato un fan di Harry Potter. Ma posate quelle bacchette di agrifoglio e legno di vite: questo non vuol dire che non lo sia diventato. Anche se la cosa non era affatto in programma. Riddikulus, eh?

Harry Potter

UN EQUIVOCO CHIAMATO TARGET

Tutto ha avuto inizio, beh, all’inizio, dicevamo. Lessi il libro di Rowling quando arrivò in Italia (era il ’98?), perché ne parlava chiunque. Aiutò il fatto che in quel periodo leggessi di tutto, compresa qualunque cosa la letteratura per ragazzi di fine secolo continuasse a sfornare, prima e soprattutto dopo il boom di Harry Potter. Non so neanche bene perché. Qualcuno mi ridarà mai le ore sprecate leggendo delle bussole d’oro e degli orsi corazzati di Pullman (l’orso corazzato però era figo), o dei draghi di Paolini? No, probabilmente no. Ma erano gli anni in cui Internet era una bestia diversa e molto più costosa di oggi, non c’erano i social e le piattaforme di streaming, e… ma sto divagando. Mi piacque quel primo romanzo di Harry Potter? Sì.

Eppure presi a ripetermi che non ero il target. Anche se di lì a poco, in quei primi viaggi di lavoro in giro per il mondo per i videogiochi, avrei conosciuto persone molto più grandi di me e pronte a mollare letteralmente qualsiasi cosa all’uscita di un nuovo capitolo. In seguito, fortunatamente, avrei capito che la letteratura per ragazzi, quando scritta bene, non ha età, e puoi godertela pure da centenario, se ci arrivi. Ma boh, magari era solo la spocchia da ventenni, quando sei convinto di essere adultissimo ed essenzialmente ‘sto cacchio, ma… non ero il target. Quel mondo non faceva per me, mi dicevo.

Così non lessi Harry Potter e la camera dei segreti e neanche i romanzi successivi. E quando Harry fece un grande salto sul grande schermo, mi fermai allo stesso modo dopo i primi film. I primi due li aveva diretti del resto Chris Columbus, lo sceneggiatore di Gremlins, I Goonies e Piramide di paura, e regista di Mamma ho perso l’aereo e tutto il resto: praticamente glielo dovevo.

Harry Potter e la pietra filosofale

IL CALICE DI DOPO

In tutti gli anni che sono venuti dopo, mentre il ritorno a Hogwarts a settembre diventava per milioni di persone un rito più vecchio e duraturo dell’abuso di bombolette di schiuma a Carnevale nei primi anni Novanta, ho sempre avuto la fondata sensazione, però, di essermi perso qualcosa di importante. Perché, anche vista complessivamente dall’esterno, era ovvio che la saga di Harry Potter, in tutte le sue incarnazioni, aveva e stava continuando a lasciare il segno. Che avesse inglobato e portato ad evolversi, in un colpo solo, il cinema per ragazzi a cui noialtri ex selvaggi eravamo abituati negli anni 80. Era la produzione Amblin, era il “Nuovo Cinema Guaglione” dei Goonies, E.T. e tutto il resto, ma con la novità dei protagonisti e del loro universo che crescevano in parallelo agli spettatori. Dei bambini che diventavano ragazzi, come buona parte del loro pubblico, e passavano dalle allegre risate degli esordi, ah ah, va’ la rana di cioccolata!, alla dura lotta per la sopravvivenza nel mondo là fuori. Almeno in senso figurato, pure qua, come chi stava dall’altra parte dello schermo.

E questa lacuna l’ho sempre vissuta con un malcelato senso di colpa, ripromettendomi più volte che avrei provato a colmarla, alla prima occasione utile. Ed è anche a questo che servono i figli.

Harry Potter e la pietra filosofale

MENO BABBANO, PIÙ BABBO

Ora, non so se è una legge del contrappasso, una subdola vendetta di Hogwarts, o semplicemente che devi stare attento a quello che desideri, ma aver introdotto la piccola seienne a questo mondo, all’incirca un anno fa, ha dato il via a una serie di eventi imprevisti. Il fatto ad esempio che tutti i film li abbiamo già visti DUE volte, che ha le sue parti preferite del primo romanzo e le piace leggerle e rileggerle (e soprattutto che lo faccia io, quando la sera c’è da partire per il binario 9 e 3/4 dei sogni), che la sua stanza è piena di bambolotti, figurine, merchandising assortito a tema Harry Potter.

E con la scusa, mentre una piccola fan si univa alla legione di quelli già esistenti, mi riscoprivo anch’io a (ri)scoprire tutto il resto. E, stupeficium, alla fine non ero più a digiuno di una buona fetta di tutto il discorso, com’ero un anno fa. Babbo sì, babbano meno.

Il problema è stato far capire alla piccola che film nuovi non ce ne sono più, perché ci aveva preso gusto, e avrebbe voluto seguire la vita del tizio con il simbolo del fulmine in fronte per, boh, sempre. Ma ancora devo giocarmi la carta Animali fantastici. E fortunatamente so dove trovarli.

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