‘Io sono l’abisso’ thriller d’autore di Donato Carrisi

(ANSA) – ROMA, 25 OTT – Che dietro a un bel film ci sia una
grande sceneggiatura è cosa nota mai abbastanza ribadita. Così
non meraviglia affatto che IO SONO L’ABISSO diretto e scritto da
Donato Carrisi, thriller ambientato su un lago di Como
decisamente noir, sia un film che non ti molla mai. Il mistero
c’è tutto e si allarga agli attori che lo stesso Carrisi vuole
senza nome e identità (non si deve indicare chi siano) e questo “per rendere più realistici storia e personaggi”.
    Tratto dall’omonimo romanzo di Carrisi (Longanesi), al centro di
questo film, in sala dal 27 ottobre con Vision Distribution, c’è
un inquietante netturbino, “l’uomo che pulisce”, che ha
un’ossessiva idea: gli uomini mentono, la spazzatura no.
    Ora, il fatto che questo netturbino-serial killer venga
direttamente dall’inferno, da un’infanzia horror, lo si capisce
dai tanti flashback di cui Carrisi arricchisce il suo racconto.
    “Non volevo che ci fossero innocenti e colpevoli, il bianco e
nero non mi è mai piaciuto, volevo addirittura che a un certo
punto si provasse compassione per lo stesso serial killer”, dice
oggi a Roma Carrisi.
    La vita senza speranza del serial killer cambia quando ‘l’Uomo
che pulisce’ incontra la ‘Ragazzina col ciuffo viola’, che per
la prima volta lo fa sentire vivo e non invisibile agli occhi
del mondo.
    Ma nel paesino c’è anche un altro personaggio: la ‘Cacciatrice
di mosche’ che sa che in giro c’è qualcuno che sta uccidendo
donne con un particolare comune a tutte loro: i capelli biondi. La bella colonna sonora è comporta da Vito Lo Re, edita da
Edizioni Curci e Palomar.
    “Già nel romanzo avevo deciso di togliere i nomi e questo
anonimato ha funzionato – dice ancora il regista della sua
scelta di omettere nella promozione i nomi degli attori – Anche
questo film nasce da fatti di cronaca di cui mi sono nutrito.
    Penso a un serial killer come Luigi Chiatti, il mostro di
Foligno, che aveva avuto un’infanzia tremenda. Il fatto è che
questi personaggi a volte non sono davvero così mostruosi anche
l’essere seriali li rende quasi banali”. (ANSA).
   

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