Jacob, ‘con Gitai esploriamo l’insensatezza della guerra’

Dopo aver ricevuto in Piazza
Grande il Leopard Club Award al Locarno Film Festival l’attrice
franco svizzera Irène Jacob, volto del cinema di autori come
Louis Malle, Krzysztof Kieslowski, Michelangelo Antonioni, Theo
Angelopoulos, Agnieszka Holland, Paul Schrader, Rithy Panh,
tornerà anche fra i protagonisti della Mostra del cinema di
Venezia. Al Lido approderà fuori concorso con Why War del
regista israeliano Amos Gitai: “È un film riflessivo, costruito
sulla domanda “Perché la guerra?”. La mia parte nasce dalle
parole di Virginia Woolf e Susan Sontag – spiega Jacob all’ANSA
– che anche come donne si sono interrogate su questo, sul perché
da esseri umani si continui a decidere di fare la guerra anche
se sappiamo che è così orribile e insensata. La cosa importante
è mantenere questa domanda sempre presente, non come qualcosa di
fatalistico, ma per cercare di capire e reagire al perché ne
siamo così attirati”. L’attrice a Locarno ha ripercorso le tappe principali della
sua carriera e accennato ad alcuni dei progetti futuri in un
incontro con il pubblico. Per lei, che ha unito alle prove con i
maestri del cinema anche alcune pellicole hollywoodiane come Us
Marshals, trovare strade nuove è uno stimolo: “Uno dei prossimi
impegni sarà una serie franco svizzera in cui divento una
commissaria, avevo molta voglia di fare un ruolo così”. Da
giovane “speri di far questo mestiere il più lungo possibile. La
cosa più difficile è adattarsi, rinnovarsi ed andare al di là di
qualcosa già noto. Ho amato ricevere il premio qui anche perché è un festival che identifica la settima arte con un leopardo, un
animale selvaggio e libero, proprio come il cinema più bello”.
    Tra gli autori italiani che l’hanno diretta c’è Michelangelo
Antonioni, in Al di là delle nuvole: “Lui aveva da poco avuto un
ictus, quasi non parlava, ma era uno spirito libero imprigionato
in un corpo. Sul set disegnava la scena con una matita e poi
Wenders (che ha codiretto il film, ndr) la realizzava. Usava le
scene come linguaggio per esprimersi, è stato molto commovente
lavorare insieme. Mi chiese anche quali dei suoi film avessi
visto, io gli parlai di Identificazione di una donna e lui
commentava ‘bello, bello’. Non lo diceva per presunzione, ma
perché era innamorato dei suoi film, era come fossero i suoi
bambini”.
   

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