sabato, 23 Novembre 2024
«Jeff Koons. Shine». La mostra al Palazzo Strozzi di Firenze
Annunciata come la più vasta esposizione che sia mai stata dedicata all’artista più pagato di sempre e più noto e discusso della scena globale del contemporaneo, «Jeff Koons. Shine», curata da Arturo Galansino e Joachim Pissarro, è in mostra a Palazzo Strozzi a Firenze fino al 30 gennaio 2022.
L’artista comunicatore, definito come il prosecutore della Neo Pop Art, viene rappresentato con le sue famose opere viste dalla prospettiva comune della ‘lucentezza’, quel bagliore dato all’estetica di Koons come gioco di ambiguità tra essere e apparire, fra gioiosa connessione e riflessione – rimandata a specchio – allo spettatore.
È la dimensione performativa delle opere stesse, il loro essere ‘centro’ insieme allo spettatore che ci gioca e vi si specchia, la connessione con la quale l’opera si fa artistica e metaforica della società e della comunità contemporanea.
Dalla metà degli anni Settanta ad oggi, infatti, Jeff Koons si è divertito a provocare il pubblico e la critica, riuscendo a entrare nell’immaginario collettivo, fondendo cultura alta e popolare e ammiccamenti al mondo dei consumi, diventando una superstar di oggi, bravo comunicatore e brand manager, oltre che artista pop più influente dopo Andy Warhol.
Il percorso espositivo, sviluppato in stretto dialogo con Koons, ospita prestiti provenienti dalle più importanti collezioni e dai maggiori musei internazionali che raccontano oltre quarant’anni di carriera, raccolte anche nel catalogo iconico edito da Marsilio Editori; pensato dai curatori Galansino e Pissarro per rendere il visitatore protagonista dello spazio, realmente e metaforicamente di fronte a uno specchio, invitato a guardarsi in innumerevoli riflessi.
Quelli delle celebri sculture in metallo perfettamente lucido che replicano oggetti di lusso o di uso comune, dei giocattoli gonfiabili e dei personaggi della cultura pop e di altre opere entrate nell’immaginario collettivo.
Dunque, il creativo newyorkese, nato nel 1955 a York, in Pennsylvania, e diplomatosi alla School of the Art Institute di Chicago, che ha lavorato come agente di borsa a Wall Street e per il MoMa, entra nella culla de Rinascimento storico italiano, a Firenze, circondato da una scenografia incredibile fatta da maestri quali Donatello, Brunelleschi e Masaccio, in prima era, e poi da Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio, che già allora mutarono la percezione dell’uomo ponendolo al centro del mondo.
La stessa risonanza di gioia e appagamento estetico rinascimentale, la prova il giocoso estro di Koons, di nuovo pronto a significare che qualcosa, nei gusti e costumi della società, è nuovamente e nel frattempo cambiato.
La portata innovativa e rivoluzionaria della Pop Art fu allora proprio questa capacità di urlare i nuovi idoli da venerare, che si trovavano negli schermi dei televisori e sui cartelloni pubblicitari. Una rivoluzione che, anche oggi, la cultura di massa sta riavendo dall’evento del mainstream, dal digitale e dalla tecnologia, contrapposte alla severa architettura quattrocentesca di Palazzo Strozzi.
Jeff Koons esemplifica perfettamente il modello dell’artista e del personaggio superstar, conteso tra i collezionisti e noto al grande pubblico, in un risultato ibrido tra arte, consumismo e gusto globalizzato, che opera con oggetti che sono feticci appetibili poiché presi in prestito dalla cultura popolare, ma sottolineano anche come sia stata la stessa superficialità della società culturale ad averlo reso così ricco e celebre.
Il valore dei suoi lavori è cresciuto in modo vertiginoso nel giro di pochi anni, battuto all’asta da Christie’s 2013 a New York per 58,4 milioni di dollari, per poi essere superato dalla sua altra scultura «Rabbit» ri battuta a un’asta per addirittura 91,1 milioni di dollari.
E uno dei paradossi di Koons, a differenza dei maestri della Pop Art, è proprio il fatto che egli non vuole criticare, ironizzare o rendere iconico il modello consumistico imperante, ma rappresentarlo come una favola, un ricordo d’infanzia, senza cambiarlo di una virgola, innescandone le stesse emozioni e lo stesso desiderio democratico che seduce e si fa messaggero.
Sono quindi sculture giocose, i famosi «Balloon Dog», «Balloon Rabbit», «Balloon Swan» e «Balloon Monkey» che caratterizzano gli anni dell’infanzia e delle feste di compleanno a proporre un’arte che non intimidisce lo spettatore. Oppure gli «Inflatables», con steli di fiori poggiati sopra, le «Banality» che ritraggono personaggi famosi come Hulk e Michael Jackson; l’enorme «Lobster» o i palloni da basket «Equilibrium», le aspirapolvere e lucidatrici, i dipinti surrealistici e la serie «Made in Heaven», in cui ha rappresentato performance erotiche con la moglie di allora, Ilona Staller detta ‘Cicciolina’, nota pornodiva.
Si può dire che non solo Jeff Koons ha alzato l’asticella di godimento personale al punto più alto mai raggiunto in vita da un artista, ma ha colonizzato con le sue opere tutti gli eldorado dell’arte, della moda e del lifestyle, sparsi nel mondo, dal Guggenheim di Bilbao, all’interno della Fondazione Prada di Milano, nei giardini degli Champs Élysées a Parigi, al The Broad Art Museum di Los Angeles, a Palazzo Grassi a Venezia, nella Collezione François Pinault, fino naturalmente al MoMa di New York e ora, pronto a brillare per qualche mese, nella ‘culla’ del Rinascimento mondiale, Firenze.