Josh Cooley, ‘così umani i robot di Transformers One’

(di Lucia Magi) Il regista di Transformers
One, Josh Cooley, aveva già diretto un film d’animazione con dei
giocattoli come protagonisti: Toy Story 4, che gli è valso
l’Oscar. Quelli che porta sul grande schermo con il suo ultimo
lavoro (in sala per Eagle Pictures) sono più grandi, più
aggressivi, più scenografici forse, ma altrettanto umani.
    “Questo incarico mi ha riportato a una parte fondamentale della
mia infanzia. Sono cresciuto con quel cartone. Sapevo che dovevo
partire da lì”, dice Cooley, classe 1979, in conferenza stampa a
Los Angeles.
    Il primo lungometraggio animato dedicato ai robot della
Hasbro in quasi 40 anni è un viaggio alle origini a tutti gli
effetti, perché racconta come è nata l’ostilità tra Optimus
Prime e il suo nemico giurato Megatron. All’inizio della storia,
i due sono robot di basso rango, si chiamano Orion Pax e D-16 e
non sanno nemmeno trasformarsi. Diventano subito buoni amici,
uniti dall’animosità nei confronti degli Elite Transformers che
li dominano.
    Oltre alle sequenze d’azione e all’impeccabile animazione in
computer grafica, Transformers One sa offrire dialoghi
spiritosi, personaggi sfaccettati ed emozioni genuine, che
richiamano i film Pixar: “Per tutta la mia carriera ho lavorato
lì. Imbevuto di quella prospettiva, ho messo il mio sapere e la
mia esperienza in questo progetto”, nota il regista, che ha
cominciato nella casa d’animazione di Steve Jobs come stagista e
ha continuato disegnando gli storyboard di ‘Gli Incredibili’, di ‘Up’, fino a firmare la sceneggiatura di ‘Inside Out’.
    “Entrambi i progetti hanno come denominatore comune la scala.
    Con ‘Toy Story’, dovevamo far percepire le cose più piccole; con
i Transformers, invece, volevamo girare in modo che tutto
sembrasse molto più grande. Il fatto che non compaia nemmeno un
essere umano con cui fare confronti, ha reso la creazione più
appassionante”.
    Per quasi due ore movimenti di macchina sapienti e mozzafiato
seguono risse, combattimenti, voli e trasformazioni. Ma la
sceneggiatura di Eric Pearson, Andrew Barrer e Gabriel Ferrari
ha il merito di rendere questi celebri robot antropomorfi e le
loro disavventure comprensibili e coinvolgenti anche per chi non
ha mai preso in mano un Transformer da bambino.
    L’elemento che ha convinto Cooley ad accettare la missione è
stata la relazione tra i due protagonisti. “È stato divertente
scompigliare le aspettative dei fan che li conoscono come nemici
e dar loro profondità. Il film si chiama ‘Transformers One’ non
solo perché è un prequel, ma soprattutto perché i protagonisti
ci ricordano che siamo tutti parte di una stessa cosa. Non
importa quale sia la tua storia, da dove vieni e dove vuoi
andare. In fin dei conti siamo tutti uguali, siamo tutti umani”.
    Anche i robot.
   

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