giovedì, 14 Novembre 2024
La brutta storia della preside già condannata ma senza reato
Tocca dare ragione, per una volta, a Vittorio Sgarbi il quale, per anni, in relazione alla vicenda plurichiacchierata (e oggetto di svariati processi penali) tra Berlusconi e Ruby ‘rubacuori’, si è sgolato a censurare il perbenismo peloso di una società che sbirciava morbosamente dallo spioncino delle camere da letto, così sintetizzando il suo pensiero assolutore: “si chiamano c…i suoi!”.
Se l’esplosività retorica del critico d’arte più famoso dello Stivale venisse trasposta alle cronache dei fatti avvenuti al Liceo Classico Montale di Roma, non dubito che la conclusione sarebbe la medesima. Come dargli torto, d’altronde.
La vicenda è nota: la Preside finisce nel tritacarne mediatico quando viene resa nota, da uno studente dell’ultimo anno (maggiorenne, specifichiamolo), un presunta relazione sentimentale con la stessa. Apriti cielo.
Scritte sui muri, insegnanti in subbuglio, imbarazzo, ispezione ministeriale, indagini del Consiglio d’Istituto, rimozione in vista della Preside, probabili cause civili per il risarcimento dei danni alla scuola e, dulcis in fundo, una separazione alle porte, essendo la donna – peraltro – sposata.
Quello che fa più specie è che il conformismo ipocrita e degno del più fervente Savonarola non è partito dai soliti ambienti reazionari, bigotti, baciapile, ma dagli studenti stessi, il cui Collettivo ha chiesto a gran voce la rimozione della dirigente.
Sembra paradossale che proprio i collettivi studenteschi politicizzati di orientamento politico spinto a sinistra, quelli che, in piazza e sulle fanzine, teorizzano l’amore libero, senza barriere, che fanno le barricate per ogni battaglia civile orientata l’iconoclastica rottura di regole e dogmi, oggi si scandalizzino perché un loro esponente, senza costrizioni, ha scelto – a quanto pare – di condividere intimità con una donna più grande di lui, ancorché Preside della sua scuola.
Nessuno sa come sia partito il ‘gioco’ – costantemente smentito dalla donna – ma viene difficile pensare al ragazzone protagonista come una vittima, sedotto e costretto a un rapporto non consenziente.
E’ più verosimile che il ragazzo abbia cavalcato l’onda per aggiungere una tacca importante al suo curriculum di Rodolfo Valentino, per fare ‘esperienza’ e vantarsi con i coetanei come un eroe, un ‘figo’ capace di andare oltre le conquiste convenzionali.
Non è un caso che la Preside abbia cancellato le prove della liaison mentre lui le abbia conservate e oggi sia disposto a utilizzarle per dimostrare la love story incriminata.
Ma a che fine?
Non è stato consumato alcun reato.
Lui ha avuto ciò che voleva, ha arricchito le sue arti amatorie, è un idolo fra i suoi pari: sia galantuomo e faccia un passo indietro.
Un Signore, con la S maiuscola, rispetta le sue donne, non le espone al pubblico ludibrio, non entra nei dettagli, non le punisce per la fiducia accordata, le difende persino.
E invece no, il latin lover oggi si rivolta contro la preda, si rende protagonista di un gioco al massacro che non gli fa onore.
Perché – a ben vedere – qui la vittima è solo una, la Preside, sedotta e abbandonata, improvvida sicuramente, debole nell’aver ceduto alle avances di un bel ragazzo nel pieno degli ormoni, punita con la lettera scarlatta e oggi a rischio di tutto, carriera, lavoro, famiglia.
Siamo alle solite: a vincere sono sempre gli uomini e, anche se le cose si fanno in due, chi paga è sempre la donna.
Mi sarei aspettata, quantomeno dagli studenti, maggiore coerenza nel far coincidere i fatti alle idee sbandierate alle manifestazioni.
Ci pensino la prossima volta che sfilano con bandiere e cartelli a favore di qualche disegno di legge per le unioni civili, l’eutanasia, l’inclusione sociale, un mondo senza barriere né guerre.
Anche perché, in questa vicenda, la guerra la stanno facendo proprio loro attentando alla libertà prima e intangibile: quella di amare.