La campagna elettorale iniziata con le accuse di fascismo e russofilia finirà con la recessione

La campagna elettorale è iniziata sulla politica estera. Le scorie mediatiche della guerra ancora in corso in Ucraina hanno dato risalto alle vicinanze dei partiti ai vari attori internazionali. Tra le accuse c’è non soltanto la vicinanza della Lega alla Russia, ma anche quella del Movimento 5 Stelle e del Pd alla Cina. Mentre Salvini esibiva il suo rapporto con Russia Unita durante la pandemia il governo russo e quello cinese, grazie al governo Conte 2, scorrazzavano per la penisola con i loro medici, militari, forniture e aiuti. Tuttavia, non vi è mai stata campagna elettorale fondata sulla politica estera. Quest’ultima va bene per giornali e analisti, ma non durerà. Gran parte del paese non è ancora entrato nella competizione elettorale, è alle prese con le vacanze e con le ultime incombenze lavorative. Molti si preparano a tirare la cinghia sotto i colpi delle bollette. Quando la campagna entrerà nel vivo, dunque, la politica estera così importante per governare sparirà lasciando spazio alla realtà quotidiana. Ciò varrà probabilmente anche per le accuse reiterate di fascismo promosso dalla stampa di sinistra contro Fratelli d’Italia. A meno che non si voglia correre il rischio della radicalizzazione totale della campagna elettorale oppure quello di una elettoralmente sanguinosa uscita dalla realtà. L’economia e la società quindi torneranno al centro. L’inflazione avvantaggia le casse di uno Stato indebitato, ma erode i salari. La crisi energetica rischia non solo di minare gravemente i risparmi delle famiglie, ma di condurre ai razionamenti con pregiudizio delle industrie e del lavoro. Le politiche ambientali mettono a repentaglio migliaia di posti di lavoro e costringono a ripensare gli investimenti e gli approvvigionamenti. Al contempo le inevitabili politiche monetarie restrittive condurranno l’Europa alla recessione. I meri sussidi serviranno a tamponare, ma non a risolvere i disagi. Le emergenze saranno occupazione, salari e soprattutto la sopravvivenza finanziaria e industriale del paese. Continuare a coprire il dibattito politico con altre questioni non gioverà a chi sarà chiamato a governare il paese. Presto le forze politiche si troveranno a fare i conti con una realtà trasformata e impellente. Senza contare dinamiche di più lungo periodo come la deglobalizzazione e il reshoring della produzione industriale che richiedono uno Stato efficiente ed un sistema finanziario in grado di investire sulle imprese. Gli elettori reclamano e meritano una campagna elettorale sulla realtà più che sui simboli. Ciò vale anche per il futuro europeo dell’Italia: non l’europeismo fideistico né le utopie sovraniste, ma una discussione franca su come interpretare il ruolo italiano nell’Unione Europea. Chi per primo capirà che è opportuno scendere sul terreno che interessa gli italiani aumenterà le proprie chances di vittoria.

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