domenica, 24 Novembre 2024
La fine della libertà e la legalizzazione del “poliamore”
Oggi non si può più neanche pensare che le pratiche erotiche omosessuali non siano “vero amore” e quindi non si può dire che due persone dello stesso sesso non sono una (vera) famiglia e che i bambini hanno bisogno di una mamma e di un papà. La stessa anti-cultura, non consentirà neanche di mettere in dubbio che i “poliamoristi”, cioè coloro che praticano le orge in pianta stabile (e con “amore”) possano essere “famiglia”.
Per aver scritto queste cose, se il disegno di legge Zan sarà approvato al Senato, rischio da uno a quattro anni di reclusione, aumentati perché il reato è commesso a mezzo stampa. Ma, probabilmente e comprensibilmente, Panorama non si arrischierebbe più a pubblicare un articolo come questo.
Allo stesso modo, nessuno potrà opporsi all’invasione di progetti, corsi, lezioni Lgbt (o “poliamoristi”) nelle scuole e nei luoghi di lavoro, o presso gli ordini professionali (artt. 7 e 8, ddl.cit.), in occasione della “Giornata nazionale della lotta all’omo-trans-bi-fobia. Cosa succederà ai giornalisti e ai docenti che non vorranno adeguarsi? E ai genitori che non volessero consentire a certe lezioni di “educazione” sessuale? In Germania, già si sa: finiscono in prigione e i figli vengono affidati ai servizi sociali.
I ben pensanti che trovano la proposta Zan emendabile, si accontentano della cd. “clausola salva idee” dell’art. 4 («Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti»). Dovrebbero, però, riflettere. La norma consente “le condotte legittime”: da quando in qua la legge deve spiegare che le condotte legittime sono consentite?
Queste “condotte legittime”, poi, sono lecite solo “se” non sono idonee a determinare il compimento di atti discriminatori: ergo, una condotta, come lo scrivere questo articolo, pur essendo legittima, è vietata perché determina atti discriminatori, in quanto – per esempio – è tesa a sollevare un movimento di opinione contrario la legalizzazione delle convivenze omosessuali (o di più persone), specie se poi gli si consente anche di allevare bambini (magari comprati da una donna che affitta l’utero).
La propaganda, però, è martellante: si sono prestati anche personaggi dello spettacolo. E i media mainstream ignorano sistematicamente le sconcertanti notizie che vengono dai Paesi dove leggi come quella proposta da Zan e compagni sono già in vigore. Pro Vita & Famiglia ha compilato un dossier con centinaia di casi in cui le persone sono state pesantemente discriminate e processate solo per le loro idee.
Solo due episodi recenti, in Inghilterra. Maya Forstater è stata licenziata per aver twittato la verità: un uomo non può diventare donna (può sembrare donna, ma non può diventarlo) e il giudice da lei adito ha dato ragione al datore di lavoro; John Sherwood, un pastore, sposato e con due figli, è stato arrestato per aver predicato i versetti della Genesi (Gn 1,27-28), dove si dice che Dio ha creato l’uomo a Sua immagine: «Maschio e femmina li creò», e li ha benedetti dicendo: «Siate fecondi e moltiplicatevi».
Intanto, in Canada, la Corte suprema della Columbia Britannica ha ordinato che il nome di una seconda madre sia aggiunto sul certificato di nascita di un bambino che ha già due genitori registrati: la donna è amante dei due da molto prima della nascita del bambino. Per usare un’espressione cara alla nostra Corte costituzionale “ha partecipato al progetto genitoriale” fin dall’inizio, quindi ha “diritto” di essere legalmente madre. Non è una sentenza isolata. Cominciano ad essere parecchie (in Canada, ma anche in altri Paesi) le decisioni giurisprudenziali che puntano a sdoganare il “poliamore” (neologismo più gradevole dell’espressione retriva, medievale e integralista “orgia stabile e sistematica”).
Non ci stupiremo se a breve avverrà la formale legalizzazione. Già questi gruppi (un uomo e due donne, una donna e due uomini, o anche tre dello stesso sesso, e forse anche più di tre) lamentano lo stigma sociale, l’emarginazione e le ingiuste discriminazioni che il loro “puro amore” subisce, prima fra tutte quella di non poter essere considerati tutti genitori dei (poveri) bambini che crescono con loro.
Certamente chi volesse allestire un harem potrebbe essere contento della cosa (anche se – a quanto mi risulta – nelle culture dove è ammessa la poligamia i figli, pur avendo un solo padre, sono rigorosamente considerati della sola e unica madre che li ha partoriti, il cui “valore” dipende proprio dai figli).
Però, chissà: a voler esprimere una critica sostanziale a questo trend si rischia non solo l’accusa di omo-lesbo-bi-fobia, ma pure quella di islamofobia?
info: www.provitaefamiglia.it