venerdì, 29 Novembre 2024
La guerra delle donne alla Casellati è il trionfo del femminismo ipocrita
Le favole della nostra infanzia, fateci caso, rappresentavano quello che, da grandi, abbiamo scoperto essere un leit motive amaro con cui avremmo dovuto fare i conti: le prime a odiare le donne sono le donne stesse.
La matrigna invidiosa che commissionava l’uccisione di Biancaneve.
La strega che condannava la principessina in culla ad essere punta dal fuso che l’avrebbe fatta cadere in un sonno secolare.
Le sorellastre che relegavano Cenerentola ai lavori più umili.
Nessuno ci ha mai fatto davvero caso fino a che Phyllis Chelsler ha scritto un libro intitolato “Donna contro donna. Rivalità, invidia, cattiveria nel mondo femminile” che fotografa la disumanità della donna verso le proprie simili, declinata in una forma di violenza che non esiste nel panorama maschile.
D’altra parte chi si occupa di bullismo sa bene che se tra i maschi i soprusi operano sul piano fisico e muscolare, tra le ‘femminucce’ la cattiveria si sublima in via indiretta attraverso umiliazioni che feriscono ben più di un pugno.
Oggi scopriamo che ‘le donne non sono tutte uguali’, come ha sibilato Laura Boldrini nel bocciare la candidata di centrodestra al Colle, Elisabetta Casellati.
Ad insegnarcelo è colei che si è battuta – almeno verbalmente – per i diritti di tutte le donne, senza distinzioni, costruendosi un’immagine di paladina a sostegno del mondo femminile inteso come un monolite unico, tanto da catechizzare chi usava sostantivi maschili per inquadrarla (Ministro, Presidente), addirittura elaborando sgraziate varianti alle regole grammaticali pur di siglare il discrimine fra i due generi.
Peccato che però, quando i suoi avversari politici hanno proposto, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, una donna al Quirinale, peraltro dotata di tutti i requisiti per assumere la più alta carica dello Stato con la stessa dignità dei suoi predecessori uomini, allora tutti questi proclami e queste rivendicazioni han fatto ‘puff’, manco avesse la bacchetta magica di Maga Magò.
Fiumi di parole ‘alte’ a sostegno del genere femminile hanno perso improvvisamente valore perché “le donne non sono tutte uguali”.
Un’affermazione inesplicata ma talmente carica di sottintesi da apparire persino ovvia nel suo profondo maschilismo.
Non è un ossimoro, ma il naturale ‘ritorno alle origini’ ancestrali di quella rivalità, diffidenza, invidia – tutta femminile – riservata dalla matrigna a Biancaneve, dalla strega alla Bella Addormentata, dalle sorellastre a Cenerentola.
Un anello di congiunzione che, questa volta, si abbevera nei pregiudizi politici più biechi, dove non esiste la solidarietà di genere, come non esiste nei maschi: il nemico è nemico, punto.
E’ una vera iattura l’esserci ‘giocati’ anche l’ex Presidenta, la cui maschera è caduta da tempo ma ci illudevamo potesse conservare il germe delle antiche lotte femminili e femministe per passare oltre queste miserie terrene.
E invece no, se la candidata è di centro-destra allora non merita il suo endosement, con buona pace del fatto che l’Italia avrebbe potuto diventare, per la prima volta, uno Stato a rappresentanza femminile, come lo sono da decenni gli altri paesi occidentali e non solo (basti citare l’arretrato Pakistan di Benazir Bhutto, l’India di Indira Gandhi e persino la vituperata Tunisia con una donna premier e 8 ministre donne).
A questo punto abbandoniamo l’ipocrisia delle scarpette rosse e delle sciarpe rosa, delle quote di genere, dell’indignazione di pura facciata nel leggere le statistiche sulla composizione dei CdA delle maggiori aziende, del falso moralismo del chiamarci a guardare oltre confine.
Accettiamo semplicemente l’idea che le donne non sono tutte uguali, come ci ha detto la Laura nazionale: alcune sono rette, brave e intelligenti, altre – se politicamente avverse – sono solo donnette, immeritevoli di sostegno.
Info: missagliadevellis.com