venerdì, 22 Novembre 2024
La guerra delle materie prime
In realtà, era un segreto di Pulcinella quello che prima o poi Pechino avrebbe reagito nella guerra commerciale lanciata dall’Occidente per il controllo dell’industria dei chip (vedi La guerra dei chip – Panorama). Come avevo fatto notare, alcuni mesi addietro, siamo alle soglie di una situazione analoga a quanto accadde nel 2010, quando la crisi sino-giapponese per le isole Senkaku sfociò nel divieto cinese di esportazione di terre rare in Giappone: il risultato fu un picco storico dei prezzi nel mercato delle terre rare.
Come fatto notare ne La militarizzazione delle materie prime – Panorama, se il know-how tecnologico, nell’industria dei semiconduttori, è patrimonio di USA, Giappone ed Europa il punto debole della catena del valore europea e statunitense risiede nelle materie prime necessarie, come neon e palladio, oltre a metalli come il gallio o metalloidi come il germanio che sono in larga parte controllati dalla Cina e buona parte delle restanti materie prime provengono dalla Russia. Come dire: dalla padella nella brace.
Se Pechino, da tempo, attraverso gli interventi del Ministero del Commercio e di quello della Scienza e della Tecnologia ha inasprito i controlli sull’esportazione del know-how sui magneti permanenti e su altre tecnologie delle terre rare, il controllo posto sulle esportazioni di gallio e germanio potrebbe rivelarsi non così conveniente per il Dragone. Aspetto, questo, che non sfugge nemmeno a Pechino che sottolinea che il controllo delle esportazioni, al momento, non significa divieto, e quelle che rispettano le normative pertinenti saranno consentite. Il governo cinese, ha fatto sapere attraverso un portavoce, applica controlli sulle esportazioni che non prendono di mira nessun paese in particolare.
Se nel caso delle terre rare è soprattutto il settore a valore aggiunto, cioè la produzione dei magneti permanenti, ad essere completamente controllato da Pechino, nel caso dei semiconduttori, la Cina, forte del controllo di circa l’85% del mercato del settore della lavorazione dei minerali, riveste il ruolo di un semplice fornitore di due materie prime, gallio e germanio, di cui l’Occidente non dispone per il suo pervicace rifiuto dell’attività mineraria e non perché siano introvabili.
Il gallio viene estratto come sottoprodotto nel processo di raffinazione dell’allumina. La Cina è il principale produttore mondiale di alluminio e la sua industria viene fornita di bauxite estratta sia livello nazionale che importata, che viene raffinata da aziende che sono sovente integrate con i produttori di alluminio. Il gallio, è talvolta presente in piccole quantità, meno dello 0,2%, tra i sottoprodotti della raffinazione: non tutti i minerali sono uguali e la bauxite estratta in Cina ne contiene percentuali maggiori di quella importata il che rende più economico il processo.
Ma è anche probabile che esistano altri paesi in cui la bauxite che viene estratta ne contenga quantità maggiori: non è infrequente, nell’industria mineraria, che le dimensioni ridotte del mercato e la produzione limitata di molti minerali critici li rendano potenzialmente non attrattivi. Il miglior esempio è rappresentato proprio dalle terre rare, dove l’industria mondiale dei fertilizzanti fosfatici ne tratta circa 56.000 tonnellate all’anno, ma non le recupera.
La Cina, che produce oltre il 95% del gallio grezzo del mondo, ha compreso da tempo il ruolo strategico di questo metallo e come in molti altri casi si sta preparando a prendere la posizione di leader del mercato. Il gallio non viene usato nella sua forma metallica elementare ma come arseniuro o nitruro di gallio in molte applicazioni anche nel settore della difesa come comunicazioni, visione notturna, radar e satelliti: Huawei ha depositato più di 2.000 brevetti per applicazioni di nitruro di gallio.
In questo ambito, come anche nelle tecnologie militari, la Cina sta sviluppando un vantaggio quantitativo in termini di brevetti rispetto agli Stati Uniti, anche dopo l’adeguamento rispetto alla qualità dei brevetti. Il nitruro di gallio è ritenuto un “game changer” per le comunicazioni aerospaziali e militari, nei radar e nei dispositivi per la guerra elettronica. E’ opinione diffusa che le tecnologie basate sul silicio potrebbero aver raggiunto i limiti fisici fondamentali soprattutto in quegli ambiti, nel settore della difesa, dove le condizioni operative difficili li renderebbero spesso in grado di non funzionare in modo efficiente.
Non sorprende che la competizione tra USA e Cina e Russia per entrare in possesso della tecnologia del nitruro di gallio, che può aumentare la potenza e la sensibilità dei sistemi d’arma, diventerà feroce nei prossimi anni. Da qui la conseguente scelta di Stati Uniti e Unione Europea, leader globali sia nella progettazione di chip che del software sottostante, di non esportare i loro prodotti in Cina, per frenare la capacità di Pechino di produrre chip ed impedire che vengano utilizzati per scopi militari.
Il germanio è l’altro elemento su cui la Cina intende imporre delle restrizioni all’esportazione. Oggi il germanio viene estratto come sottoprodotto dello zinco e dalle ceneri di carbone. Si stima che il 75% della produzione mondiale di germanio provenga da minerali di zinco, la cui disponibilità non desta preoccupazioni. A conferma di ciò l’UE ottiene il 51% del germanio per la sua industria dalla Finlandia, che detiene il 10% della produzione mondiale mentre il restante viene importato principalmente dalla Cina.
Non da oggi, la Cina, ha adottato numerose misure che hanno portato a un calo significativo delle esportazioni di germanio e dei suoi prodotti, ad esempio applicando una tassa del 5% sull’esportazione dell’ossido di germanio per tutto il periodo 2012-2016. Analoga misura è stata presa dalla Russia che impone una tassa del 6,5%, sull’esportazione di rifiuti e rottami di germanio. Tra gli utilizzi di questo metalloide si segnalano i rilevatori a cristallo singolo che possono identificare con precisione le sorgenti di radiazioni, si pensi alla sicurezza aeroportuale ma non solo. Il germanio di elevata purezza è utilizzato nei sistemi di visione notturna e per specifiche applicazioni nei sistemi radar e negli spettroscopi a infrarossi.
La Cina produce la maggior parte di queste materie prime, ma bloccare le esportazioni significherebbe anche perdere profitti e costringere il resto del mondo a trovare fonti alternative. Anzi il conseguente aumento dei prezzi verrebbe visto, da molti paesi, come un acceleratore per ridurre la loro dipendenza dalla fornitura cinese di queste materie prime critiche. Nel settore dei semiconduttori l’effetto delle restrizioni sarebbe un aumento del prezzo, ma tutto sommato non così doloroso per il resto del mondo come gli effetti delle misure occidentali sulla Cina.
Infatti proprio Xi Jinping qualche giorno, al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, fa ha lanciato un appello per “un funzionamento stabile e regolare delle catene industriali e di approvvigionamento regionali“. Nel frattempo i “falchi” del regime dipingevano le restrizioni alle esportazioni come “modo pratico” per dire agli Stati Uniti e ai loro alleati che i loro sforzi per frenare l’approvvigionamento del Dragone di tecnologie più avanzate sono un “errore di calcolo“.
Le macchine che producono semiconduttori sono tra i dispositivi più complicati prodotti dagli esseri umani e sfidano il reverse engineering, rendendo difficile per la Cina sviluppare le proprie capacità nazionali se non può ottenere le apparecchiature. Quindi il furto di proprietà intellettuale ed il trasferimento forzato di know-how da società straniere in cambio dell’accesso al mercato interno, attuato da Pechino in questi ultimi vent’anni, questa volta sembra destinato a non avere successo. Inoltre le politiche in atto negli USA per diversificare le catene di approvvigionamento potrebbero far sorgere a Pechino il timore di perdere questa leva in futuro e quindi la necessità di usarla prima di perderla. Ecco, se così fosse, prepariamoci al bando delle esportazioni delle terre rare.
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