domenica, 24 Novembre 2024
La lunga mano della Russia nell’oro del Sudan
Non si sono fermati durante la notte scorsa gli scontri armati tra l’esercito e i paramilitari in Sudan. Fino a questa mattina secondo il sindacato dei medici le vittime sono quasi 100: «Il bilancio delle vittime tra i civili negli scontri da quando sono scoppiati sabato scorso ha raggiunto le 97 persone e numerosi feriti». Si tratta però di numeri parziali: «Questo numero non comprende tutti i morti, poiché molte persone non hanno potuto raggiungere l’ospedale a causa delle difficoltà di spostamento». Mentre scriviamo gli inviti al cessate il fuoco si susseguono numerosi, arrivati da diverse organizzazioni e Paesi di tutto il mondo, ma per il momento gli scontri proseguono.
Allo stato attuale non è chiaro chi abbia avuto la meglio tra il generale Abdel-Fattah Burhan, comandante delle Forze armate e legato a Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto, e il generale Mohammed Hamdan «Hemeti» Dagalo, capo del gruppo delle Forze di supporto rapido (Rsf), considerato molto vicino all’Arabia Saudita e alla Russia. Fino a poco tempo fa erano alleati. La coppia ha lavorato insieme per rovesciare il deposto presidente sudanese Omar al-Bashir nel 2019 e ha svolto un ruolo fondamentale nel colpo di Stato militare nel 2021. Bashir aveva guidato il Paese per quasi tre decenni, quando le proteste popolari iniziate per l’aumento dei prezzi del pane lo hanno costretto a lasciare il potere. Durante il suo governo, il sud Sudan si è separato dal nord mentre la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per Bashir per presunti crimini di guerra nel Darfur, una regione separatista occidentale. Dopo la cacciata di Bashir il Sudan è stato governato da una difficile alleanza tra gruppi militari e civili. Tutto è finito nel 2021 quando il governo di condivisione del potere è stato sciolto dalle forze armate. Da tempo i due generali hanno interrotto la loro collaborazione e nelle ultime settimane le tensioni si erano fatte sempre più evidenti in vista della formazione di un governo civile. Il problema principale è stato quello dell’integrazione delle Rsf (circa centomila effettivi) nell’esercito regolare e le liti tra i due uomini forti del Sudan hanno impedito di annunciare l’11 aprile scorso il nuovo Primo ministro ed altri membri del futuro governo civile anche se già prima non erano state apposte le firme sull’intesa per la transizione dei poteri in Sudan. I video che circolano su Telegram mostrano veicoli blindati, mitragliatrici montate su camion e aerei da guerra che hanno bombardato la capitale Khartum, la città adiacente di Omdurman e altre aree del Sudan coinvolte negli scontri. Sia Abdel-Fattah Burhan che Mohammed Hamdan Dagalo hanno annunciato di aver preso il controllo di strutture strategiche, ad esempio, le Rfs sostengono di aver conquistato l’aeroporto internazionale e di altri edifici governativi che sotto il controllo di Burhan che è a capo delle forze armate sudanesi. Il ruolo del gruppo Wagner Lo scorso 27 febbraio l’Unione Europea dopo un’indagine della Cnn sulle attività del gruppo lo scorso luglio ha sanzionato un cittadino russo e la sussidiaria del gruppo russo Wagner in Sudan, Meroe Gold, «per aver facilitato lo sfruttamento della ricchezza aurea del Sudan», come si legge sulla piattaforma legale della CE EUR-LEX. Secondo una dichiarazione del Consiglio europeo «Mikhail Potepkin è il direttore di Meroe Gold, una società di copertura per le operazioni del gruppo Wagner in Sudan, ed è coinvolto nelle attività di M-Invest, la società madre di Meroe. Ha un ruolo di leadership nel gruppo Wagner in Sudan e ha stretti legami con Yevgeny Prigozhin». Nonostante le smentite dell’oligarca russo, il Consiglio europeo ha ora confermato i risultati della Cnn, affermando che «Meroe Gold ha continuato ad operare in Sudan come copertura per le operazioni del gruppo Wagner tramite una società di comodo sudanese. Attraverso la sua affiliazione con l’esercito sudanese, il gruppo Wagner si è assicurato il diritto di estrarre oro sudanese ed esportarlo in Russia». L’ingerenza della Russia nell’oro del Sudan è iniziata nel 2014 dopo che la sua invasione della Crimea ha provocato una serie di sanzioni occidentali. Le spedizioni di oro si sono rivelate un modo efficace per accumulare e trasferire ricchezza, rafforzando le casse statali russe eludendo i sistemi di monitoraggio finanziario internazionale. Il fulcro dell’operazione di estrazione dell’oro della Russia si trova nel profondo del deserto del nord-est del Sudan, un paesaggio disseminato di voragini spalancate dove i minatori lavorano in condizioni estreme in un caldo torrido, con solo tende ricavate da frammenti di tela cerata e sacchi di sabbia. Secondo le prove raccolte la Russia è collusa con la leadership militare assediata del Sudan, circostanza che ha consentito di privare il Sudan di entrate statali per miliardi di dollari in oro. In cambio, Mosca ha dato un potente sostegno politico e militare alla leadership militare sempre più impopolare del Sudan mentre reprime violentemente il movimento per la democrazia del Paese. Pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina dall’aeroporto internazionale di Khartoum è decollato un aereo cargo russo che secondo le decorazioni trasportava biscotti, tuttavia sotto i biscotti c’era almeno una tonnellata d’oro e secondo quanto raccontato da diverse fonti ufficiali sudanesi alla Cnn «è uno degli almeno 16 voli di contrabbando d’oro russi conosciuti dal Sudan, il terzo produttore africano di metallo prezioso, nell’ultimo anno e mezzo». L’uomo che si occupa delle operazioni nei principali siti di estrazione, lavorazione e transito dell’oro del Sudan si chiama Alexander Sergeyevich Kuznetsov, noto anche con i suoi nominativi «Ratibor» e «Radimir». Si tratta di un criminale pluricondannato che ha combattuto in Libia e ha comandato la prima compagnia di attacco e ricognizione del gruppo Wagner nel 2014. Ha ricevuto per quattro volte il premio dell’Ordine del coraggio della Russia ed è più volte fotografato insieme a Putin e Dmitri Utkin, il fondatore di Wagner, nel 2017. L’Unione Europea ha sanzionato Kuznetsov nel 2021. Secondo Matteo Giusti, giornalista e africanista, «il ruolo della Russia in Sudan è ormai consolidato dai tempi di Omar al-Bashir e nemmeno i continui cambi di regime hanno mai incrinato i rapporti fra Mosca e Khartoum. I due uomini forti del regime sudanese che hanno scatenato la violenza nel Paese hanno entrambi solidi rapporti con la Russia, ma ci sono comunque delle sostanziali differenze. Abdel Fattah al-Burhan, il numero uno del governo militare, tecnicamente di transizione, ha sempre schierato il Sudan su posizioni vicine a Mosca dando ampio spazio ad investitori e mercanti di armi». Ma Mohamed Hamdan Dagalo non è più filorusso del rivale? «Assolutamente sì, tanto che si è creato una milizia paramilitare che risponde soltanto a lui e che è stata addestrata dai mercenari del gruppo Wagner. Proprio qui sta la differenza perché i potenti uomini di Evgeny Prigozyn preferiscono Hemeti, molto più simile a loro come modus operandi vista le ferocia delle sue Forze di Supporto Rapido che hanno provocato un vero e proprio genocidio in Darfur. Hemeti fa affari d’oro con il gruppo Wagner attraverso due società estrattive che, attraverso scatole cinesi, finiscono proprio a Prigozyn. Questo scontro quasi fratricida che utilizza dissapori all’interno del governo sudanese non è completamente nuovo per i russi che in Burkina Faso dopo aver appoggiato il golpe del tenente-colonnello Paul Henri Damiba lo hanno rapidamente sostituito con il capitano Ibrahim Traorè, ancora più fedele al credo del gruppo Wagner».