martedì, 26 Novembre 2024
La Russia minaccia il mondo con le armi nucleari tattiche. Ma tra il dire ed il fare…
Le chiamano armi nucleari tattiche (in sigla, Tnw), e altro non sono che bombe nucleari di piccole dimensioni, con potenze tra cento e mille tonnellate di tritolo (0,1-10 chilotoni), utilizzabili dove le proprie forze da combattimento non sono presenti e dove si voglia neutralizzare in via definitiva un arsenale o una minaccia, fosse anche una fabbrica di armi. Il tutto senza dover contaminare intere regioni con le radiazioni prodotte dall’esplosione.
Non sono una novità e già durante la Guerra fredda ne venivano prodotte di dimensioni tali da poter essere racchiuse in uno zaino, della potenza di 0,07 chilotoni. Oltre che per colpire senza compromettere la sopravvivenza umana in vaste aree, il loro scopo è il relativo effetto “sorpresa” che possono generare. È ormai ovvio che Putin stia usando la deterrenza nucleare non per proteggere la Russia, ma per fare a modo suo in Ucraina, come lo fece nel 2014 durante l’invasione della Crimea, quando i leader russi parlarono apertamente di mettere in allerta le armi nucleari e nel 2015 quando Mosca minacciò le navi da guerra danesi con armi nucleari se la Danimarca si fosse unita al sistema di difesa missilistica della Nato.
La Russia oggi ha circa 4.500 testate nucleari nel suo arsenale e di queste, quelle di maggior rendimento e strategiche, sono schierate proprio sui sottomarini, mentre le circa 2.000 armi nucleari tattiche sono conservate in strutture di stoccaggio in tutto il Paese. Secondo il sito interattivo NUKEMAP by Alex Wellerstein (nuclearsecrecy.com), creato dallo storico nucleare Alexander Wellerstein, dove si può simulare l’effetto dello scoppio di un ordigno selezionando i tipi di bombe più costruiti, una Tnw di soli 0,07 chilotoni su Milano produrrebbe 2.800 morti e 1.900 feriti, contaminando comunque tutta la metropoli. E una risposta innescherebbe comunque un olocausto. Per questi motivi l’ex segretario alla Difesa Usa James Mattis, nel 2018, dichiarò: “Non penso che esista un’arma nucleare tattica. Qualsiasi ordigno nucleare usata in qualsiasi momento è un punto di svolta senza ritorno”.
Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un attacco nucleare condotto con missili balistici a lunga gittata non può per definizione avvenire “di sorpresa”. Questi ordigni devono infatti essere preparati per il lancio e questo consente ai satelliti di ogni blocco contrapposto di capire se l’attacco può essere imminente rilevando alcuni “segnali” tipici come la preparazione dei vettori per il lancio, con il relativo rifornimento di idrogeno e ossigeno liquidi, oppure altri parametri. Ecco allora che a differenza dei missili a lunga gittata, le armi nucleari tattiche possono essere installate su bombe a caduta aviotrasportate, missili a corto raggio, proiettili di artiglieria, mine terrestri, cariche di profondità e siluri. E in questi casi il loro tracciamento e la possibilità di scoprire in anticipo se il nemico sta per usarle sono ridotte.
Ora che il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato l’annessione di quattro territori, anche il suo ministro degli esteri Lavrov ha ricordato che le forze russe potrebbero usare tali dispositivi qualora fossero minacciate l’integrità territoriale o l’esistenza della Russia. Se una tale escalation divenisse drammatica realtà, sarebbe probabilmente proprio sotto forma di un’arma nucleare tattica, probabilmente lanciata con un missile balistico Iskander a corto raggio verso un centro nevralgico ucraino. Tuttavia, se al momento gli analisti militari di Washington e della Nato affermano di non aver ancora evidenza che una tale attività possa concretizzarsi a breve, gli occhi sono puntati presso i 47 siti di stoccaggio nucleari presenti in tutta la Russia, dove qualsiasi nuovo movimento farebbe pensare a un preparativo in tal senso.
Anche questi siti sono costantemente monitorati dai servizi di intelligence e possono anche essere osservati da vicino da satelliti commerciali, come dimostrano le immagini diffuse sulle attività negli impianti nucleari nordcoreani. Di fatto, quindi, alla Nato ad oggi non risultano essere stati assemblati missili Iskander con testate nucleari, e neppure che queste siano uscite dai loro depositi. Infine, prima di utilizzarle, i russi dovrebbero effettuare preparativi per proteggere le loro forze di terra distribuendo dispositivi di protezione e istruzioni. E in un mondo iper-connesso, riuscire a farlo senza essere notati è molto difficile.
Settimane prima dell’attacco russo del 24 febbraio gli Usa avevano avvertito dell’intenzione russa di attaccare, ma se Washington avvertisse apertamente il mondo di un imminente attacco nucleare si scatenerebbe un panico senza precedenti, non soltanto in Ucraina. Ciò che non torna in questa vicenda è che l’effetto deterrente di una minaccia ha senso se lo si utilizza una sola volta, mentre Putin e Lavrov, quella delle Tnw l’hanno sbandierata già in varie occasioni. Ciò contribuisce a indebolire Putin sul fronte interno facendogli perdere credibilità, soprattutto dopo che il contrattacco ucraino ha fortemente intaccato l’immagine e le capacità delle Forze Armate russe. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha avvertito in modo vago di “gravi conseguenze”, mentre il generale americano Petraeus, ex direttore della Cia, ha dichiarato che se i russi useranno qualsiasi tipo di Tnw gli Usa “Distruggeranno le truppe russe in Ucraina.”
E mentre Italia, Belgio Austria, Danimarca e Germania hanno convocato gli ambasciatori russi, l’Occidente ha soltanto poche altre carte da giocare: raccogliere il consenso africano e asiatico per fermare i mercati energetici russi innescando nuove sanzioni, oppure imporre su tutta l’Ucraina una “no fly zone” che però vedrebbe la concreta possibilità per i caccia Nato di entrare in contatto diretto con l’aviazione di Mosca. Se invece il bluff fosse della Nato, ovvero se dopo il lancio di una bomba tattica nucleare russa l’Alleanza atlantica non dovesse reagire, c’è da chiedersi quale effetto sulla credibilità occidentale avrebbe il lasciar minacciare l’uso di atomiche per rivendicare territori senza subire ripercussioni. Ma qualsiasi escalation vedrebbe scatenarsi una risposta russa con utilizzo di flotte sottomarine in grado di lanciare missili da posizioni vicine alle coste, e tra tutte le unità della Marina russa Putin conterebbe molto sulle capacità del Belgorod, il sottomarino a propulsione nucleare del quale il presidente russo aveva annunciato l’esistenza nel luglio scorso. Con 182 metri di lunghezza e 25.000 tonnellate di dislocamento, sarebbe in grado di lanciare testate nucleari in diversi modi, come anche le Tnw. Ma non è l’unico tra i mezzi sottomarini della flotta di Mosca e certo la Russia non è l’unica nazione ad avere simili macchine da guerra.