La settimana nera del M5S

Scherzo del destino, i paladini della moralità crollano su una questione di soldi. Gli irriducibili dell’onestà, inciampano sui bonifici. Gli ultrà dell’uno vale uno, della democrazia diretta, si scannano su una bega di vile denaro, di pigioni non pagate, di accuse reciproche di non sganciare la grana. Rousseau, la piattaforma avveniristica che doveva cambiare il concetto di democrazia, ha semplicemente finito i «danè». Per questo, soprattutto per questo Davide Casaleggio ha sancito il divorzio tra Movimento e Rousseau, annunciando che i dipendenti della piattaforma finiranno in cassa integrazione, alludendo poi a quei sedicenti “gruppi dirigenti” che avrebbero macchiato con la loro cupidigia l’anima candida del movimento, così come lo sognavano i fondatori. Più che una sfida sui principi, sembra una riunione di condominio, con l’amministratore che sfratta gli inquilini morosi.

E’ una fine ingloriosa e paradossale, per una formazione politica che sognava di rivoltare il parlamento come un calzino, e aprirlo come una scatoletta di tonno, sia finito inscatolato esso stesso, nei giochetti di bassa lega dei suoi capibastone. A litigare sulle regolette del doppio mandato e sulle votazioni on line, e travolto dai debiti.

La leadership? Non pervenuta. Archiviata la guerra del M5s contro i poteri forti, oggi è guerra tra poteri deboli: uno contro l’altro armati. Vito Crimi è l’emblema della trasparenza: nel senso che non lo vedi nemmeno, è un’essenza impalpabile tra fazioni in battaglia. Giuseppe Conte scalpita per avere il suo partitino nuovo di zecca: ma la bomba Rousseau gli è scoppiata in mano. Se Casaleggio si porta via le liste degli iscritti, non si capisce come farà il movimento a recuperare i militanti, e ad eleggere i nuovi vertici.

Insomma, siamo alla paralisi. Conte, che voleva farsi forte con la benedizione di Beppe Grillo, dorà rivedere i suoi piani. Anche perché il comico genovese è alle prese con ben altri problemi: alle prese con i guai giudiziari del figlio, Grillo ha perso seguaci, ha perso la faccia, e forse anche la lucidità. Il video di Grillo che sbraita contro la presunta vittima delle violenze, resta uno dei peggiori autogol della storia della politica italiana. Anzi, quello che una volta era il guru acchiappavoti, oggi rischia di essere solo una palla al piede, una zavorra scomoda da nascondere. Sullo sfondo, l’idea ancora sfocata di una scissione che vedrebbe scendere dai monti il Garibaldi pentastellato, al secolo Alessandro Di Battista: ma i tempi e i contenuti della nuova proposta politica, ammesso che esista, sono tutt’altro che chiari.

Il risultato è quello di un partito senza leader, che abbandona tristemente le sue battaglie sui principi, per dedicarsi alla guerra a colpi di carte bollate. I maggiorenti si tireranno gli stracci nelle aule di tribunale, per decidere sulla separazione dei beni, come nelle peggiori cause di divorzio. Parole come moralità, credibilità e democrazia, sono solo un ricordo: da quelle, i grillini hanno divorziato da tempo.

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