domenica, 24 Novembre 2024
Labirinti, scoprire la propria identità e sessualità
Un adolescente “che attraverso i
sogni scopre qualcosa di se stesso che non sapeva nella vita
vera. Qualcosa che lo turba, lo smuove, lo porta a farsi delle
domande, a cercare di comunicare con se stesso per scoprire chi
è e qual è la propria strada, il proprio destino”. Così il
regista Giulio Donato descrive all’ANSA il protagonista
adolescente, Francesco (Francesco Grillo), cresciuto in un
paesino tra le montagne calabresi, che affronta un percorso alla
ricerca della sua identità, anche sessuale, in Labirinti, la sua
opera prima che debutta nelle Giornate degli Autori (nella
selezione Confronti) alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il film, prodotto da Life Cinema, unisce uno sguardo quasi
documentaristico che segue gli appuntamenti della vita in un
paese o immersi nella natura, tra mare e boschi, silenzi e
bellezza, ma anche frustrazione e rabbia, alle aperture a una
dimensione onirica. Si mette in scena il legame tra il
silenzioso Francesco e l’estroverso Mimmo (l’esordiente Simone
Iorgi), amici fraterni fin da bambini. Arrivati alla soglia
dell’età adulta, li separano anche in modo violento, le diverse
idee sul proprio futuro, partire o restare, uscire dal branco o
adattarsi. Incognite che portano Francesco, grazie anche a un
vecchio libro trovato per caso, a cercare le risposte per
domande sempre più intime.
Il film è anche “una storia di formazione, di crescita”
spiega il regista, classe 1993, aiuto regista e producer su più
di sessanta set cinematografici in Italia, Norvegia, Brasile,
Germania e Messico, con registi come Abel Ferrara, Roberta
Torre, e come assistente di produzione con Gianni Zanasi e
Claudio Caligari. “Inizialmente volevo girarlo nel Lazio, perché
quelle che racconto sono sensazioni abbastanza universali, voler
partire, spiccare il volo, uscire dalla propria bolla di
confusione. Poi, però, dato che conoscevo bene un paesino in
provincia di Vibo Valentia, perché mio padre viene da lì e io
ci ho passato tutte le estati da piccolo, ho capito che sarebbe
stato il posto ideale”. Sia “esteticamente, per la natura, al
tempo stesso opprimente, travolgente, e potente, ma anche perché
riflette ancora tanti luoghi comuni, tante oppressioni, tanta
chiusura mentale, ancora estremamente diffuse”.
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