L’altra faccia del miracolo economico portoghese

Se si chiede a un portoghese come sta, la risposta più entusiastica che ci si possa aspettare è mais ou menos (più o meno). Essere melanconici (e provare in questa condizione un certo piacere…) sembra un tratto caratteristico nel Paese più a occidente d’Europa. È pur vero che l’ultimo rapporto sulla felicità promosso dalla Ue, il World Happiness Report, colloca il Portogallo al 93° posto nella classifica della soddisfazione personale tra 157 nazioni. A pesare su questo stato d’animo è la tradizionale saudade, quel misto di nostalgia e rimpianto che accompagna i portoghesi fin dalla nascita, ma esistono anche grandi contraddizioni in un Paese che, secondo gli ultimi dati Eurostat, segna tassi di crescita a ritmi cinesi.

Il suo Prodotto interno lordo ha infatti registrato, a livello europeo, nel quarto trimestre del 2024, la terza crescita più elevata (2,7 per cento, su base annua +1,9), dopo Lituania (3,6) e Spagna (3,5) e la più elevata variazione trimestrale (1,5), con la Spagna al terzo posto (0,8).Ancora: la disoccupazione è attualmente al 6,4 per cento, in calo rispetto al 6,7 del 2023 (nel 2014 era al 13,9 per cento). Risultati, in soli due lustri, che ha portato il premio Nobel americano Paul Krugman a definire quello portoghese «un miracolo economico». Eppure tutto ciò si scontra, come scrive il settimanale Visao, con tassi di disuguaglianza sociale tra i più alti del Vecchio continente: quarto dietro la Bulgaria, la Lituania e la Lettonia, con circa 2,1 milioni di persone (un quinto della popolazione) che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale, cittadini che non possono godere degli stessi benefici e opportunità di tutti gli altri. Nel 2023, il 24 per cento dei portoghesi viveva con meno di 738 euro al mese. Di questi, 1,7 milioni (il 16,6 per cento) guadagnava meno di 632 euro al mese, la soglia di povertà relativa del Paese. Molti sono lavoratori che ricevono il salario minimo di 820 euro lordi (730 euro al mese al netto dei contributi sociali). Non è un caso, allora, se alle ultime elezioni del marzo del 2024, il partito di ultradestra Chega («Basta») dalle forti rivendicazioni sociali, guidato dall’ex giornalista, populista e sovranista André Ventura, abbia ottenuto un record storico di voti con più del 18 per cento dei consensi.

E questo, in una nazione che vissuto il più lungo periodo di regime fascista in Europa (41 anni), la dice lunga su quale sia il sentimento dei portoghesi verso la politica. Sul risultato eclatante del partito hanno anche influito gli scandali legati allo sfruttamento delle concessioni per il litio, scoppiati nel 2023 e che hanno coinvolto alcuni ministri del governo socialista di António Costa. L’attuale presidente del Consiglio europeo, allora sfiorato dalle indagini (gli inquirenti hanno trovato quasi 76 mila euro nascosti nell’ufficio del suo capo di gabinetto di Vitor Escaria) è stato costretto alle dimissioni e alla crisi dell’esecutivo.

I numeri positivi del periodo più recente, in ogni caso, sono in parte frutto di un rimbalzo quasi naturale, come spiega a Panorama l’economista Luís Cabral, direttore accademico del Nova Sbe Public Policy Institute di Carcavelos. «La domanda giusta non è come mai l’economia portoghese adesso si sia sviluppata tanto, piuttosto perché non lo abbia fatto più velocemente negli ultimi decenni. Infatti, da circa un quindicennio, il Pil pro capite, corretto per l’inflazione, è aumentato meno dell’1 per cento all’anno. Per un Paese che ha beneficiato di un enorme shock positivo del capitale umano (il numero di portoghesi con istruzione universitaria è quadruplicato in una generazione, ndr), risulta un tasso piuttosto modesto». È quindi un progresso economico che porta con sé distorsioni. Basti pensare agli effetti del boom turistico, uno dei motori della crescita (nel 2024 sono stati 31,6 milioni i visitatori e 80,3 milioni i pernottamenti, pari rispettivamente a un +5,2 per cento e del +4 in confronto al 2023): i costi delle abitazioni hanno avuto rapidissimi aumenti, con la «gentrificazione» dei centri storici e l’espulsione dei tradizionali abitanti. Ecco che intere vie sono state trasformate – come succede in Italia – in una susseguirsi di B&B.«È cambiato tanto: nel cuore delle città abbiamo perduto molte persone con la spirale incontrollabile degli affitti» sottolinea Irma Sousa, assistente sociale del Comune di Porto, una delle mete preferite dall’odierno turismo. «Il reddito, soprattutto degli anziani, non può sostenere i prezzi che vengono applicati, aggiunge Sousa. «Stiamo parlando di persone che percepiscono una pensione di 250-280 euro al mese. Con simili cifre, oggi in centro non puoi nemmeno permetterti una stanza».Alla fine dello scorso settembre migliaia di persone hanno manifestato a Lisbona per il diritto alla casa. Nella capitale e nelle località come Cascais e Amadora, che formano l’area metropolitana denominata Grande Lisboa, un alloggio con una camera da letto assorbe in media la metà dello stipendio di un lavoratore. Nel secondo trimestre del 2024 il prezzo medio per metro quadro è arrivato a 1.644 euro, con un aumento del 54 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 (a fronte di un pil Pro capite che è ancora basso, rispetto ad altri Stati europei, e pari a 22.600 euro, quello italiano è 32.350).

Le ricadute sociali ed economiche sono pesanti, in un Paese che si è ripreso con grandi sacrifici dal crollo finanziario del 2011 e, al tempo stesso, fa fatica a trattenere molti giovani, soprattutto quelli più istruiti (tra il 2008 e il 2023 circa 361 mila portoghesi fino a 35 anni sono emigrati all’estero in cerca di lavori retribuiti meglio). «È importante sottolineare come l’economia stia crescendo principalmente in settori a scarsa innovazione come il turismo, l’agricoltura e vari servizi, con livelli di produttività del lavoro e salari relativamente bassi. Ciò significa che, per un giovane con un livello di istruzione elevato, le prospettive di carriera e di guadagno sono poco allettanti» dice ancora Cabral. Un’analisi comparativa dell’Ocse indica che la classe media portoghese ha un potere d’acquisto inferiore rispetto ad altre dell’Unione europea. Un reddito annuo di 15.500 euro colloca una persona nella classe medio-alta, mentre in Spagna o l’Italia corrisponde alla classe medio-bassa. E il Portogallo si distingue per una percentuale relativamente ridotta di famiglie che si identificano nel ceto medio: solo il 32 per cento dichiara di farne parte. Nei Paesi Bassi, al contrario, l’82 per cento della popolazione si considera alla metà della scala sociale.Per cercare di porre un freno alla diaspora di giovani, il nuovo governo conservatore guidato da Luís Montenegro, leader del Partido social democrático (Psd), ha inserito nella legge finanziaria per il 2025 una misura che prevede un regime fiscale agevolato di dieci anni. In particolare, chi ha meno di 35 anni e guadagna fino a 28 mila euro non pagherà tasse il primo anno e riceverà un’esenzione del 75 per cento fino al quarto, una del 50 per cento fino al settimo e poi del 25 per cento fino al decimo. Ma come sostiene anche il Fondo monetario internazionale, non ci sono prove che una misura così costosa, attualmente stimata in 525 milioni di euro, possa avere successo. Jean-François Dauphin, capo missione del Fmi per il Portogallo, ha invitato il governo a pensarci due volte, perché «il modo per affrontare il problema deve essere più completo, e consiste nel portare gli standard di vita alla media della zona euro». In altre parole, interventi strutturali. La grande incognita è legata anche al fatto che tale legge possa avere la stessa sorte di quella approvata dai socialisti nel 2009, e che andava in direzione opposta, esentando dal pagamento delle tasse i pensionati in arrivo dall’estero. Nel 2024 la normativa è stata abrogata, proprio perché i costi e le conseguenze – come appunto i prezzi delle case alle stelle – superavano i benefici. Ora, da «Eldorado dei pensionati», il Portogallo ambisce a diventare un paradiso fiscale per i giovani. Chissà se ci potrà riuscire.

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