Lavia, tutta l’opera di Pirandello guarda alla morte

(ANSA) – TORINO, 01 DIC – “Perché uno deve vivere se poi deve
morire?”. Questa domanda dolorosa, troppo umana, a cui nessuno
sa rispondere, risuona in una fetida stazione ferroviaria degli
anni Venti. E ancora: qual è il senso della vita, di fronte
all’inevitabile appuntamento con la morte? Questi due momenti di
poetica pirandelliana sono al centro della trasposizione de
L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA di Luigi Pirandello da parte del
regista e attore Gabriele Lavia che, dopo averlo portato tante
volte a teatro, trasforma questo atto unico del 1922 in un film
passato fuori concorso nella sezione ‘Tracce di Teatro’ del
Torino Film Festival.
    Disponibile dal 10 dicembre su RaiPlay, prodotto da Manuela
Cacciamani, founder One More Pictures, L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA
in realtà è il frutto di un originale mélange ad opera dello
stesso Lavia: ovvero la novella di Pirandello CAFFÈ NOTTURNO
unita a L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA e ad altri brani dell’autore
siciliano. “La morte, capisce? E’ passata. M’ha ficcato questo
fiore in bocca e m’ha detto: ‘Tientelo, caro: ripasserò fra otto
o dieci mesi!'”. Ovvero il cosiddetto ‘fiore in bocca’ è l’amara
metafora con cui viene definito nell’atto unico l’epitelioma,
il tumore a cui uno dei due personaggi è tragicamente
condannato, mentre l’altro, l’avventore, lascia che la sua vita
trascorra senza porsi affatto il problema della morte. “Tutta l’opera di Pirandello – dice ancora Lavia – vista da
una propria prospettiva metafisica in fondo non è altro che un
attraversamento della zona della morte”. (ANSA).
   

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