lunedì, 25 Novembre 2024
Le truppe rosa e la battaglia per il Quirinale femmina e di sinistra
Nella corsa al Quirinale mancavano soltanto le truppe boldrinate. La falange rosa delle pasionarie progressiste che firma un appello per avere una donna alla presidenza. Tra le altre, Fiorella Mannoia, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Sabina Guzzanti. Vorrebbero tingere di rosa il Colle perché, scrivono, “crediamo sia giunto il momento di dare concretezza alla parità di genere”.
Ancora una volta, anziché consentire che le donne gareggino per gli stessi obiettivi al pari degli uomini, le si trattano come un panda, una specie protetta che dev’essere sostenuta da una sorta di Wwf degli intellettuali. Pensate quale autorevolezza potrebbe mai avere una donna issata sul colle più alto soltanto per motivi di genere, e cioè per il fatto che indossa la gonna anziché i pantaloni. Il suo primo atto, c’è da scommettere, sarebbe quello di farsi chiamare “Presidenta” e magari di arruolare qualche “corazziera”.
Ma immaginiamo che serva una donna al Quirinale a tutti i costi: perlomeno pacificherebbe l’arena politica? Neanche per idea. Se dessimo retta alla Mannoia, probabilmente il voto per il Quirinale si trasformerebbe in una puntata di “Ciao Darwin”, maschi contro femmine. Se le grandi elettrici si coalizzassero (ma non ci riuscirebbero, perché la fedeltà al partito è più forte di qualsiasi Murgia) forse riuscirebbero nell’intento. Ma a prezzo di trasformare l’elezione del presidente in una farsa che, messi come siamo, non ci possiamo permettere. Tra sette anni, probabilmente, arriveranno accorati appelli per un presidente “gender fluid”, o per un presidente figlio di immigrati, o semplicemente per un presidente milanista, dal momento che, essendo Mattarella tifoso nerazzurro, toccherebbe bilanciare anche calcisticamente.
Che poi, a voler ben vedere, il club di Littizzetto e compagne, in realtà, non vuole davvero una donna al Quirinale. Vuole semmai una donna di sinistra. E’ difficile pensare che Sabina Guzzanti possa esultare vedendo entrare nel Palazzo dei Papi una come la Casellati o la Meloni. Lo fanno capire chiaramente quando scrivono che il nuovo Capo dello Stato al femminile deve rappresentare le battaglie “condivise e sostenute dalle forze più democratiche e progressiste”. Dunque, tirando le somme, non si tratta nemmeno di una battaglia per le donne, ma solo per quelle donne intelligenti, colte e autorevoli che la pensano come loro. E poi la chiamano parità…