L’evasione annunciata di Marco Raduano

È stata una fuga annunciata quella che è avvenuta nel carcere di massima sicurezza nuorese di Badu ‘e Carros in Sardegna, dove il boss della mafia Garganica Marco Raduano è scappato calandosi con delle lenzuola dal muro di cinta. Un’evasione che avrebbe potuto essere evitata soprattutto se gli organi competenti avessero preso in considerazione le relazioni della dell’ex capo della polizia penitenziaria del carcere nuorese Manuela Cojana che dal 2020 aveva più volte segnalato le numerose criticità all’interno della struttura penitenziaria rimaste a lettera morta.

Relazioni tecniche sulla struttura e sulla carenza di personale per le quali secondo i documenti che abbiamo non solo sono state ignorate dal Provveditorato ma sarebbe stata oltretutto trasferita. Il Dirigente aggiunto della polizia penitenziaria in tre anni aveva sequestrato 35 cellulari ai detenuti e aveva chiesto delle modifiche alla pianta organica del personale inadeguata per l’insufficienza del personale evidenziando anche che il sistema anti-scavalcamento (che prevede un allarme) da dove è evaso Raduano era vecchio e non funzionava. Infatti l’istituto costruito nel 1780 non è stato mai ristrutturato e le due garitte di vedetta, ossia le due postazioni sul muro di cinta, non erano agibili. Così il boss alla quale era stata applicata la misura di detenzione S3 (per reati di stampo mafioso) ha avuto tutte le condizioni per potersi dileguare.

Dalle informazioni raccolte Raduano era un lavoratore della biblioteca della quinta sezione inaugurata nel 2018 che si trova vicino all’uscita del carcere. E proprio in quella sezione c’è l’unica sala regia del carcere da dove arrivano le immagini delle telecamere che danno sull’esterno, (l’altra era stata chiusa per carenza di personale) e dove sarebbe stata lasciata incustodita la chiave. Inoltre le lenzuola dalle quali si è calato erano appese ad un gancio dove lavorano i detenuti lavoratori del Mof (manutenzione ordinaria fabbricato) e che solo loro avrebbero potuto lasciare. Insomma a Raduano qualcuno ha lasciato aperte le porte del carcere e sono due i filoni di inchiesta aperti dalla Procura di Nuoro e e dal ministero della Giustizia.

Un istituto tristemente noto dove il 17 agosto del 1981 Francis Turatello – figura di spicco della Mala milanese – è stato aggredito e smembrato nell’ora d’aria.

Come è possibile che un detenuto possa evadere da un carcere di massima sicurezza?

«È una domanda che bisognerebbe porre a chi ha la responsabilità della gestione ai vari livelli – dice Alessandro De Pasquale Presidente del sindacato di polizia penitenziaria SIPPE – Non è grave solo l’evasione ma anche la modalità con la quale è stato commesso il delitto. Scappare da un carcere, oltretutto di massima sicurezza, utilizzando delle lenzuola è l’ulteriore conferma della complessità del sistema penitenziario che negli anni ha privilegiato il trattamento rieducativo a discapito della sicurezza. Lo stesso articolo 2 del decreto legislativo 230/2000 afferma invece l’esatto contrario: L’ordine e la disciplina negli istituti penitenziari garantiscono la sicurezza che costituisce la condizione per la realizzazione delle finalità del trattamento dei detenuti e degli internati. Il regime alta sicurezza a cui è sottoposto il detenuto evaso impone all’Amministrazione una gestione particolarmente attenta di tali soggetti e questo viene ribadito anche nelle circolari del Dap. Bisognerebbe verificare, rispondendo alla domanda, se siano state messe in atto le “speciali cautele” nella fruizione degli istituti trattamentali offerti ad un detenuto di questo livello; cautele che vengono disposte e che dovrebbero essere “controllate”dagli organi di vertice del carcere. Pare inoltre che qualche anno fa molte criticità del carcere di Nuoro fossero state sollevate dall’ex comandante Dirigente Aggiunto di Polizia Penitenziaria Manuela Cojana la quale avrebbe evidenziato, attraverso diverse relazioni, l’esigenza di potenziare gli strumenti di sicurezza dell’istituto e, soprattutto, aumentare le unità di polizia penitenziaria, chiedendo la modifica della pianta organica del carcere».

Perché le criticità segnalate dall’ex comandante di polizia penitenziaria Manuela Cojana non sono state prese in considerazione?

«Non sappiamo se siano state assunte decisioni a seguito delle richieste del dirigente aggiunto Cojana. Il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria per la Sardegna, che oggi ha l’incarico di eseguire l’ispezione interna sull’evasione, nel 2021 disse che le difficoltà evidenziate dalla Cojana derivano invece da una cattiva gestione dell’istituto proprio da parte del comandante del reparto. Non sappiamo quali strategie siano state adottate perché nel frattempo il comandante Cojana era stato sollevato dal suo incarico e assegnata in un altro istituto»

Si poteva evitare?

«Nel mondo carcerario non è facile prevedere con certezza un’evasione. Bisogna solo mettere in atto tutte le azioni strategiche per evitarla e, soprattutto, bisogna aumentare l’organico e potenziare gli strumenti tecnologici di sorveglianza. La risposta alla domanda forse potremmo trovarla anche nelle varie segnalazioni fatte a suo tempo dal dirigente aggiunto Manuela Cojana, indipendentemente da eventuali responsabilità nella gestione del personale che verrebbero attribuite al funzionario. In carcere non può essere sottovalutato nulla ed ogni fatto, apparentemente banale, deve essere degno di nota e approfondimenti per ridurre conseguenze negative»

Come sindacato quando avete segnalato la carenza di personale e cosa vi hanno risposto?

«Sulla questione organico polizia penitenziaria c’è sempre un confronto con l’amministrazione penitenziaria ma nel caso del carcere di Nuoro, probabilmente è stato fatto poco rispetto a ciò che bisognava fare per evitare eventi come questi».

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