Libri: ‘Dopo il traguardo’, Alex Schwazer si racconta

(ANSA) – ROMA, 10 NOV – “Questo libro è un resoconto sincero,
schietto, fedele di ciò che mi è capitato. Non è la confessione
di un diavolo e neppure l’apologia di un angelo. Chi vuole
leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere
un’altra, non la mia”. Alex Schwazer si racconta così in ‘Dopo
il traguardo’, il libro edito dalla Feltrinelli in uscita
domani. Dopo l’archiviazione del secondo procedimento penale per doping “per non aver commesso il fatto”, Schwazer vuole tornare a
gareggiare. La sua è una storia di cadute e di redenzioni, di
rinunce e di rinascite.
    Il 36enne marciatore di Vipiteno diventa un campione da giovane,
forse troppo giovane: “Il mio vocabolario comprendeva solo due
parole, allenamento e riposo. Non avevo un colore preferito o un
piatto preferito. Non avevo un passatempo, una passione o un
obiettivo che non fossero la marcia”.
    Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 sale sul podio più alto
nella 50 km di marcia. È il coronamento di un sogno. Ha solo
ventitré anni. Ma quel trionfo complica tutto. È come la
kryptonite, per lui. Si logora. Sempre più solo, e in preda alla
depressione, va in Turchia e acquista l’eritropoietina, un
ormone proibito. A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012
arriva il controllo, e risulta positivo. Niente Londra. Niente
più sport, forse. Una punizione esemplare. Ma è proprio allora
che torna la febbre che sta prima e dopo ogni traguardo, il
futuro che si tende nell’aria: “Quando ho toccato il fondo, mi
sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione – le
parole di Schwazer – Quel giorno ha segnato la rinascita
dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava
spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un
labirinto immenso e
apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni.
    Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la
mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono
uscito”. “Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione
subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato –
sottolinea l’altoatesino – Ancora oggi, a distanza di cinque
anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la
storia che voglio raccontare”. (ANSA).
   

Leggi su ansa.it