lunedì, 25 Novembre 2024
L’imbarazzante difesa della Lamorgese sul rave
Luciana Lamorgese ha spiegato ai parlamentari ed all’Italia intera cosa sia successo, cosa è stato fatto e cosa non è stato fatto a proposito del famoso rave party nei pressi di Viterbo. Un party non autorizzato, senza il rispetto di una che sia una norma contro il Covid, dove (lo raccontano gli stessi partecipanti) c’era un camper dove si vendeva qualsiasi tipo di droga; insomma, il regno dell’illegalità. Non solo. Alcuni dei partecipanti al rave hanno addirittura ammesso di essere stati accompagnati sul luogo della festa proprio dalle forze dell’ordine (racconti raccolti da La Verità che hanno scatenato l’indignazione di molti).
Tutto questo in un momento in cui agenti di Polizia al comando della Lamorgese stessa, giravano a controllare spiagge, discoteche, locali, ristoranti alla caccia di assembramenti illegali.
Il Ministro degli Interni ovviamente ci ha spiegato di aver fatto tutto bene, tutto giusto, anzi di più. In sintesi:
– Sapevamo del Rave
– I nostri interventi «prima» dell’inizio della festa hanno impedito che i partecipanti fossero 30 mila invece dei 5-6 mila effettivi.
– Non abbiamo scortato nessuno. Abbiamo monitorato i camper…
– L’ipotesi di sgombero ed intervento per interrompere il Rave è stato scartato a causa della presenza di bambini che quindi avrebbero reso pericoloso l’utilizzo di idranti e lacrimogeni. Non solo. Dato che lo spazio era pieno di sterpaglie secche facilmente incendiabili c’era un alto rischio per l’incolumità dei presenti.
Insomma: ho fatto tutto quello che dovevo, al meglio, senza alcun errore. Punto.
In realtà ad ascoltare per bene l’informativa la cosa più divertente riguarda il giorno in cui il rave è partito e come la Polizia ha scoperto il luogo della festa. Indicazioni che i partecipanti ricevevano su Telegram o altri social ma che, a quanto pare, erano segreti irraggiungibili per l’intelligence di Polizia e Carabinieri.
Lamorgese infatti ha raccontato di una telefonata giunta a mezzanotte e mezza del 14 agosto da un giovane «che riferiva di un possibile rave nei pressi di un lago senza essere in grado di individuare il luogo preciso. Poi un minuto prima dell’una il medesimo interlocutore indicava le coordinate del rave: una zona rurale, isolata, nei pressi di Mezzano. Alle 1.55, dopo 40 minuti di ricerca la pattuglia riusciva ad individuare la presenza di moltissime persone, di sicuro diverse migliaia, nonché di impianti di diffusione sonora già installati».
In poche parole migliaia di ragazzi hanno avuto informazioni su dove recarsi, hanno montato i loro palchi, le casse, allestito bar ristoranti e luoghi di spaccio mentre le Forze dell’ordine vagavano nella campagna con un solo giovane della zona a fare da informatore. La scena della pattuglia (una solo, due uomini a bordo) che vaga nelle campagne di notte, con la testa a dove festeggiare il ferragosto, stanchi ed accaldati, alla caccia di 4mila ragazzi che sparano musica a tutto volume nel nulla più totale meriterebbe da sola la realizzazione di un film. Purtroppo comico.
Che è l’aggettivo perfetto per descrivere come sia stata gestita l’intera vicenda: che andava bloccata sul nascere, impedita con la forza fin dalla prima roulotte in strada e forse fin dal primo messaggio su Telegram. Invece questi ragazzi sono arrivati quando hanno voluto, hanno fatto quello che hanno voluto e se ne sono andati quando hanno voluto, all’inizio cercati da due Carabinieri, poi osservati da lontano da altri 900 agenti.
Per il Ministro questo è aver fatto bene. Cos’altro deve succedere per avere un altro ministro degli Interni?