sabato, 16 Novembre 2024
Lo stato delle coalizioni dopo la crisi con vista sulle elezioni anticipate
Cosa resta delle due coalizioni di centrodestra e centrosinistra dopo la crisi del governo Draghi? La risposta non è semplice, le sfumature sono ampie.
Il centrodestra sembra aver ritrovato una sua compattezza. Dopo le divisioni degli scorsi anni tra Meloni, Salvini e Berlusconi, di fronte alla crisi aperta da Conte, Lega e Forza Italia hanno scelto insieme di scrivere la parola fine sul governo Draghi. Una soluzione che accontenta le pressioni di Fratelli d’Italia per tornare alle urne.
Il calcolo di Salvini e Berlusconi è facile da decifrare: di fronte alla deflagrazione a sinistra, via Movimento 5 Stelle, della unità nazionale non avrebbe avuto senso infliggersi altri mesi di governo in una situazione difficile dentro e fuori le istituzioni e offrendo a Giorgia Meloni altro spazio per drenare voti ai due partiti di governo del centrodestra. Staccato la spina, dunque, per riunirsi in vista delle elezioni. Ciò implica delle conseguenze: Forza Italia perde e perderà altri pezzi centristi (ieri Gelmini, oggi Brunetta), mentre la coalizione tornerà presto sotto il fuoco delle istituzioni europee e delle preoccupazioni dei mercati finanziari. Lo spettro del sovranismo vincente in Italia, dopo il siluramento prematuro di Draghi, tornerà ad essere agitato da molti e comporterà qualche seria difficoltà di legittimazione per la destra italiana. Troppi, soprattutto a sinistra, hanno voluto illudersi su un Berlusconi governista a prescindere e sempre disponibile a scegliere la via indicata dai centristi e dal Pd. Tuttavia, il Cavaliere è il fondatore del centrodestra e con la attuale legge elettorale ha scelto di salvare l’alleanza che ha istituito quasi trent’anni fa.
Berlusconi è un animale politico, capace di fare cinici calcoli elettorali e di capire quando un programma di governo può nuocere gravemente al consenso del partito. Quali sono, inoltre, le prospettive dei fuoriusciti centristi di Forza Italia? Le chances di rientrare in Parlamento sono poche così come quelle di dare vita ad una nuova formazione politica competitiva in vista delle elezioni. I problemi per il centrodestra si porranno semmai dopo le elezioni, ma la strada per la vittoria è ancora lunga e con troppe incognite per ragionarci adesso.
Più scomoda ancora è la posizione della coalizione del centrosinistra. Il Movimento 5 Stelle ha innescato la crisi, messo il Pd in difficoltà, condotto alla caduta di Draghi regalando un assist al centrodestra che voleva tornare alle urne. Al contempo, vista l’attuale legge elettorale, Conte ha probabilmente ucciso in culla il progetto centrista di Renzi, Calenda e Di Maio i quali, in disaccordo tra loro sul futuro fino ad oggi, dovranno accordarsi per cercare di sopravvivere politicamente.
Il campo largo è finito? Difficile a dirsi. Sulla carta per il gruppo centrista l’alleanza con Conte è indigeribile, ma senza tutti i partiti che vanno dal centro alla sinistra più estrema le possibilità di battere la destra sono scarse. Gli scenari sono due: o Letta riesce a tenere tutto insieme, nella precarietà, dietro l’artificio retorico della paura della destra vittoriosa e offrendo a tutti candidati nei collegi uninominali oppure si rompe l’alleanza almeno sul piano elettorale, da una parte il Pd con i centristi e dall’altra il Movimento 5 stelle con i piccoli partiti di sinistra o, viceversa, i centristi da soli e tutto il resto insieme sotto la guida del segretario Pd Enrico Letta. In ogni caso, allo stato attuale, sembra difficile per il centrosinistra ambire ad una vittoria che sia il “campo largo” o meno. Certo Letta può forse cercare di intestarsi e rivendicare quanto fatto dal governo Draghi, ma la prospettiva migliore appare oggi quella di sabotare la vittoria della destra impedendo a quella coalizione di guadagnare la maggioranza assoluta dei seggi.
Ad ogni modo, questa legislatura ha dimostrato la fragilità delle due coalizioni e la loro artificialità in Parlamento. La convivenza tra vecchio e nuovo è faticosa in entrambi gli schieramenti. Ciò non lascia ben sperare per il futuro, anche a fronte della vittoria netta di una parte. Tra scenario economico, vincoli internazionali, pressioni europee e interessi corporativi il Parlamento sembra poter inghiottire e annientare anche i leader più forti. La stabilità non è garantita e una riedizione della legislatura appena conclusasi non appare improbabile. Il sistema politico italiana è sottosopra e nemmeno l’autocommissariamento dell’era Draghi è riuscito a riportare l’ordine.