mercoledì, 13 Novembre 2024
L’Ue unita contro i crimini nel Nagorno-Karabakh
I drammatici avvenimenti di questi ultimi giorni in Ucraina sembrano aver sensibilizzato non solo l’opinione pubblica ma anche i parlamentari europei sull’importanza di prendere una posizione decisa per fermare tutti quegli atti che ledono la libertà dei popoli e che mirano a manipolare la storia ad uso personale.
E’ così che il 10 marzo, a un anno e quattro mesi dal cessate il fuoco che ha interrotto un conflitto tanto drammatico quanto trascurato dalle istituzioni e dai media, il Parlamento europeo si è riunito e ha discusso una risoluzione che sarà trasmessa al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al governo e al Presidente dell’Armenia, al governo e al Presidente dell’Azerbaigian, alla Segretaria generale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, alla Segretaria generale del Consiglio d’Europa, alla direttrice generale dell’UNESCO e al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Nel testo si constatata che 1456 monumenti, principalmente armeni, sono passati sotto il controllo dell’Azerbaigian dopo il cessate il fuoco del 9 novembre 2020; che durante la guerra del 2020 l’Azerbaigian ha deliberatamente provocato ingenti danni al patrimonio culturale armeno con bombardamenti deliberati, con la riconversione o con altri danni inflitti a chiese, musei e cimiteri durante e dopo il conflitto e che in occasione della sua visita alla chiesa armena del XII secolo a Tsakuri, il presidente Aliyev ha promesso di rimuovere tutte le iscrizioni armene.
Si fa inoltre riferimento alle ordinanze emanate dalla Corte internazionale di giustizia che già il 7 dicembre 2021 si era espressa confermando la legittimità delle preoccupazioni dell’Armenia in primo luogo per la detenzione di oltre 200 prigionieri di guerra ancora trattenuti illegalmente in Azerbaigian, ma anche per il pericolo di annientamento del patrimonio storico e culturale armeno nei territori attualmente sotto il controllo dell’Azerbaigian e la retorica armenofobica promossa dall’Azerbaigian stesso. Infine, si ribadisce la necessità di permettere all’UNESCO di organizzare ed inviare una missione di esperti indipendenti. Su questo il testo è molto chiaro, oltre a citare per ben 14 volte UNESCO facendo riferimento alle sue dichiarazioni ufficiali e alla sua importanza nel garantire la protezione del patrimonio culturale, “insiste fermamente” (testuali parole) “sul fatto che l’Azerbaigian debba consentire all’UNESCO di avere accesso ai siti del patrimonio culturale nei territori sotto il suo controllo, al fine di poter procedere con un inventario obiettivo e assicurare la loro protezione”.
Purtroppo non possiamo condividere con i firmatari di questa risoluzione la fiducia nel ruolo che potrebbe avere UNESCO al fine di proteggere il patrimonio armeno minacciato dall’Azerbaigian in modo così esplicito. Non possiamo perché, insieme ad alcuni parlamentari che hanno citato questo fatto durante la seduta del 10 marzo (come la tedesca Viola Von Cramon-Taubadel), ricordiamo troppo bene l’indifferenza di questa istituzione quando nel 2005 l’esercito azero ha raso al suolo deliberatamente il cimitero di Giulfa in Nakhichevan distruggendo con il martello pneumatico migliaia di croci finemente scolpite nel tufo in epoca medievale. Ci si domanda come possa essere indipendente una istituzione che dal 2004 annovera tra i suoi Godwill ambassadors Mehriban Arif qizi Aliyeva, moglie del presidente ed essa stessa vicepresidente dell’Azerbaigian, senza riflettere sul suo ruolo nel mettere in atto le pratiche di distruzione delle testimonianze storiche e artistiche degli armeni condannate dalla Corte internazionale di giustizia e verificate tramite il programma di monitoraggio satellitare Caucasus heritage watch promosso dalla Cornell University.
Come tutti i documenti di questo tipo, la risoluzione adottata a pieni voti dal Parlamento europeo giovedì 10 marzo, non avrà un impatto immediato; tuttavia riveste una grande importanza perché ribadisce, in modo chiaro e incontrovertibile, quali siano i nostri valori di cittadini europei e quanto sia straordinario il ruolo che la cultura riveste nella vita delle persone, non solo in tempo di pace ma, a maggior ragione, in caso di conflitto. Il rispetto per il patrimonio culturale, la salvaguardia e la valorizzazione di tutte le espressioni culturali devono sempre essere alla base della elaborazione di strategie che possano portare alla costruzione di una pace duratura e quindi al miglioramento della qualità della vita.
Il dibattito che ha preceduto la votazione è stato segnato da prese di posizione straordinariamente nette di alcuni parlamentari che non hanno esitato ad usare termini forti ma quanto mai appropriati in questo contesto come “genocidio” e “genocidio culturale” (come il polacco Joachim Stanisław Brudziński e lo svedese Charlie Weimers), a denunciare con dovizia di particolari le distruzioni avvenute in passato e ancora in corso e a mostrare una approfondita conoscenza della storia della regione che, come hanno notato alcuni (tra cui l’italiana Susanna Ceccardi), porta il nome storico di Artsakh. Se non sarà sufficiente per permettere a breve l’organizzazione della missione UNESCO né a fermare le mire espansionistiche di un dittatore che non ha mai cessato di porre in atto piccoli attacchi quasi quotidiani anche sul territorio sovrano dell’Armenia, almeno questo documento e il dibattito che lo ha preceduto danno un messaggio di solidarietà al popolo armeno e ribadiscono con forza che la distruzione del patrimonio storico di un Popolo viola i principi dell’Europa democratica.
Risoluzione del Parlamento europeo sulla distruzione del patrimonio culturale nel Nagorno-Karabakh(2022/2582(RSP))
Il Parlamento europeo,– viste le sue precedenti risoluzioni sull’Armenia e l’Azerbaigian,
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2006 sul patrimonio culturale in Azerbaigian[1],
– vista la sua risoluzione del 17 febbraio 2022 sull’attuazione della politica estera e di sicurezza comune – relazione annuale 2021[2],
– vista la dichiarazione comune rilasciata il 9 dicembre 2021 dalla presidente della delegazione per le relazioni con il Caucaso meridionale, dal relatore permanente del Parlamento europeo sull’Armenia e dal relatore permanente del Parlamento europeo sull’Azerbaigian sulle nelle cause tra Armenia e Azerbaigian,
– viste le relazioni della commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) del Consiglio d’Europa,
– vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 18 marzo 2020, dal titolo “La politica del partenariato orientale dopo il 2020: rafforzare la resilienza – Un partenariato orientale vantaggioso per tutti” (JOIN(2020)0007),
– visto il piano economico e di investimenti per i paesi del partenariato orientale,
– vista la dichiarazione rilasciata dai copresidenti del gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) l’11 novembre 2021, in cui ribadiscono l’importanza di proteggere i siti storici e culturali nella regione,
– vista le ordinanze emanate il 7 dicembre 2021 dalla Corte internazionale di giustizia,
– viste le conclusioni del Consiglio, del 21 giugno 2021, sull’approccio dell’UE al patrimonio culturale nei conflitti e nelle crisi,
– vista la convenzione dell’UNESCO concernente la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale del 16 novembre 1972,
– vista la dichiarazione dell’UNESCO, del 17 ottobre 2003, sulla distruzione intenzionale del patrimonio culturale,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966,
– viste la Convenzione culturale europea, la Convenzione europea riveduta per la protezione del patrimonio archeologico e la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, di cui l’Armenia e l’Azerbaigian sono parti,
– visti la Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, di cui l’Armenia e l’Azerbaigian sono parti, e il relativo protocollo, applicabile ai territori occupati, nonché il secondo protocollo sulla protezione rafforzata dei beni culturali, che vieta “qualsiasi alterazione o modifica di uso dei beni culturali con lo scopo di celare o distruggere reperti culturali, storici o di valore scientifico”,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948,
– vista la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 21 dicembre 1965,
– visti l’articolo 144, paragrafo 5, e l’articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la distruzione o la dissacrazione di qualsiasi monumento o bene appartenente al patrimonio culturale, religioso o nazionale viola i principi dell’Unione europea;
B. considerando che 1 456 monumenti, principalmente armeni, sono passati sotto il controllo dell’Azerbaigian dopo il cessate il fuoco del 9 novembre 2020; che durante la guerra del 2020 l’Azerbaigian ha deliberatamente provocato ingenti danni al patrimonio culturale armeno, in particolare con il bombardamento della Chiesa di Gazanchi, la cattedrale di Cristo San Salvatore/Ghazanchetsots a Shusha/Shushi nonché la distruzione, la riconversione o i danni inflitti ad altre chiese e cimiteri durante e dopo il conflitto, come la chiesa di Zoravor Surb Astvatsatsin nei pressi della città di Mekhakavan e la chiesa di San Yeghishe vicino al villaggio di Mataghis nel NagornoKarabakh; che in occasione della sua visita alla chiesa armena del XII secolo a Tsakuri il presidente Aliyev ha promesso di rimuovere le iscrizioni armene dalla chiesa;
C. considerando che, come indicato nella dichiarazione dell’UNESCO del 2003 sulla distruzione intenzionale del patrimonio culturale, quest’ultimo costituisce un elemento importante dell’identità culturale delle comunità, dei gruppi e degli individui, nonché della coesione sociale, cosicché la sua distruzione intenzionale può avere conseguenze negative per la dignità umana e i diritti umani;
D. considerando che la distruzione di siti, manufatti e oggetti del patrimonio culturale contribuisce all’inasprimento delle ostilità, dell’odio reciproco e dei pregiudizi razziali tra le società e al loro interno;
E. considerando che il rispetto delle minoranze, compresa la tutela del loro patrimonio culturale, è parte integrante della politica europea di vicinato; che la politica europea di vicinato mira a istituire un partenariato con l’Armenia e l’Azerbaigian sulla base di valori comuni;
F. considerando che il più recente conflitto armato nel Nagorno-Karabakh e nelle zone limitrofe si è concluso a seguito di un accordo su un cessate il fuoco integrale nel Nagorno-Karabakh e dintorni tra Armenia, Azerbaigian e Russia, firmato il 9 novembre 2020 ed entrato in vigore il 10 novembre 2020;
G. considerando che il Nagorno-Karabakh ospita numerose chiese, moschee, khachkar (cippi funerari) e cimiteri;
H. considerando che il 7 dicembre 2021 la Corte internazionale di giustizia ha disposto nella sua ordinanza che l’Azerbaigian “adotta tutte le misure necessarie per prevenire e punire atti di vandalismo e dissacrazione a danno del patrimonio culturale armeno, inclusi ma non limitati a chiese e altri luoghi di culto, monumenti, punti di riferimento, cimiteri e manufatti”; che la Corte internazionale di giustizia ha ordinato all’Armenia e all’Azerbaigian di adottare “tutte le misure necessarie per prevenire l’incitamento e la promozione dell’odio razziale”; che essa ha inoltre ordinato all’Azerbaigian di “proteggere dalla violenza e dalle lesioni personali tutte le persone catturate in relazione al conflitto militare del 2020 che rimangono in stato di detenzione”; che nelle sue ordinanze la Corte internazionale di giustizia ha sancito che “entrambe le parti si astengono da qualsiasi azione che possa aggravare o estendere la controversia dinanzi alla Corte o rendere più difficile la risoluzione”;
I. considerando che l’UNESCO ha ribadito l’obbligo dei paesi di proteggere il patrimonio culturale conformemente ai termini della Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e ha proposto di condurre una missione di esperti indipendenti al fine di redigere un inventario preliminare dei beni culturali significativi come primo passo verso l’effettiva salvaguardia del patrimonio della regione;
J. considerando che la tutela del patrimonio culturale svolge un ruolo fondamentale nel promuovere una pace duratura, favorendo la tolleranza, il dialogo interculturale e interreligioso e la comprensione reciproca, nonché la democrazia e lo sviluppo sostenibile;
K. considerando che i beni culturali rivestono grande importanza culturale, artistica, storica e scientifica e devono essere protetti da appropriazioni illecite, deterioramento e distruzione; che le chiese e i monasteri armeni appartengono al più antico patrimonio cristiano del mondo e al patrimonio comune dell’umanità;
L. considerando che nella causa dinanzi alla Corte internazionale di giustizia sono state formulate gravi accuse circa il coinvolgimento delle autorità azere nella distruzione di cimiteri, chiese e monumenti storici nel Nagorno-Karabakh;
M. considerando che il prolungato conflitto ha avuto un impatto catastrofico sul patrimonio culturale del Nagorno-Karabakh e della regione; che negli ultimi 30 anni l’Azerbaigian ha causato la distruzione irreversibile del patrimonio religioso e culturale, in particolare nella Repubblica autonoma di Nakhchivan, dove sono state distrutte 89 chiese armene, 20 000 tombe e oltre 5 000 lapidi; che ciò si è verificato anche nelle precedenti zone di conflitto restituite all’Azerbaigian dall’Armenia, in particolare la distruzione e il saccheggio quasi totale di Aghdam e Fuzuli;
N. considerando che la prima guerra del Nagorno-Karabakh ha portato al deterioramento e alla distruzione del patrimonio culturale azero, compresi i siti culturali e religiosi abbandonati dagli sfollati interni azeri nella regione: che tali siti sono stati distrutti, parzialmente distrutti, trascurati o dissacrati per essere utilizzati come stalle per il bestiame, modificati per cancellare le tracce culturali o demoliti per ottenere materiali da costruzione;
O. considerando che il patrimonio culturale armeno nella regione del Nagorno-Karabakh si sta eliminando non solo mediante il suo deterioramento e la sua distruzione, ma anche attraverso la falsificazione della storia e i tentativi di ricollegare tale patrimonio all'”Albania caucasica”; considerando che il 3 febbraio 2022 il ministro della Cultura dell’Azerbaigian, Anar Karimov, ha annunciato l’istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di eliminare “le tracce fittizie lasciate dagli armeni sui santuari religiosi albanesi”;
1. condanna con forza la persistente politica dell’Azerbaigian di cancellare e negare il patrimonio culturale armeno nella zona del Nagorno-Karabakh e nelle aree limitrofe, in violazione del diritto internazionale e della recente decisione della CIG;
2. riconosce che la cancellazione del patrimonio culturale armeno si iscrive nel quadro più ampio di una politica sistematica a livello statale promossa dalle autorità azere incentrata sull’armenofobia, il revisionismo storico e l’odio nei confronti degli armeni, che include la disumanizzazione, l’esaltazione della violenza nonché rivendicazioni territoriali nei confronti della Repubblica d’Armenia che minacciano la pace e la sicurezza nel Caucaso meridionale;
3. sottolinea che il patrimonio culturale si compone di una dimensione universale quale testimonianza della storia indissolubilmente legata all’identità dei popoli, che la comunità internazionale deve proteggere e preservare per le generazioni future; evidenzia l’importanza del ricco patrimonio culturale della regione; esorta tutti gli Stati ad adottare le misure necessarie per garantire la salvaguardia dei siti del patrimonio culturale immateriale presenti nel territorio sotto il loro controllo; deplora il fatto che i conflitti nella regione del Nagorno-Karabakh abbiano portato alla distruzione, alla razzia e al saccheggio del patrimonio culturale comune, alimentando ulteriori diffidenze e animosità;
4. ricorda che il revisionismo storico e la deturpazione e la distruzione del patrimonio culturale o religioso sono in contrasto con l’ordinanza della CIG del 7 dicembre 2021 e con la risoluzione del Parlamento del 20 maggio 2021[3];
5. riconosce, al pari dell’Ufficio del procuratore della CIG, che il patrimonio culturale costituisce una testimonianza unica e importante della cultura e delle identità dei popoli, e che il degrado e la distruzione del patrimonio culturale, sia esso materiale o immateriale, rappresenta una perdita per le comunità colpite e per la comunità internazionale nel suo complesso;
6. valuta positivamente il ruolo centrale svolto dall’UNESCO nella protezione del patrimonio culturale e nella promozione della cultura quale strumento per avvicinare le persone e favorire il dialogo;
7. accoglie con favore la proposta dell’UNESCO di inviare una missione di esperti indipendenti e ne chiede l’invio senza indugio; sottolinea che l’Azerbaigian deve concedere un accesso senza restrizioni a tutti i siti del patrimonio culturale affinché la missione possa redigere un inventario sul campo e valutare quanto accaduto ai siti;
8. insiste fermamente sul fatto che l’Azerbaigian debba consentire all’UNESCO di avere accesso ai siti del patrimonio culturale nei territori sotto il suo controllo, al fine di poter procedere con l’inventario e assicurare la loro protezione; esorta l’Azerbaigian a garantire che non venga eseguito alcun intervento sui siti del patrimonio armeno prima di una missione di valutazione dell’UNESCO e che gli esperti armeni e internazionali in materia di patrimonio culturale vengano preventivamente consultati nonché strettamente coinvolti durante tali interventi; chiede la piena ricostruzione di questi e di altri siti distrutti nonché un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale, in particolare dell’UNESCO, nella protezione dei siti del patrimonio mondiale situati nella regione;
9. invita l’UE a partecipare attivamente agli sforzi tesi a proteggere il patrimonio culturale a rischio nel Nagorno-Karabakh, in particolare ricorrendo a meccanismi atti ad agevolare la missione conoscitiva dell’UNESCO; incoraggia tutte le iniziative, comprese quelle private, a contribuire alla conservazione di tale patrimonio; suggerisce di ricorrere al Centro satellitare dell’UE (SatCen) per fornire immagini satellitari che possano contribuire a determinare le condizioni esterne del patrimonio in pericolo nella regione;
10. evidenzia che la protezione del patrimonio storico e culturale deve essere affrontata nell’ambito del più ampio quadro di risoluzione dei conflitti tra Armenia e Azerbaigian e della definizione definitiva dello status del Nagorno-Karabakh; invita, in tale contesto, l’Azerbaigian ad abbandonare le mire massimaliste, l’approccio militaristico e le rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Armenia e a impegnarsi in buona fede nei negoziati sotto l’egida del gruppo di Minsk dell’OSCE sullo status definitivo del Nagorno-Karabakh;
11. sottolinea che le misure indicate nell’ordinanza della CIG del 7 dicembre 2021 devono essere adottate senza indugio; evidenzia che qualsiasi nuovo caso di distruzione o alterazione del patrimonio culturale dovrebbe essere affrontato immediatamente dalla comunità internazionale;
12. invita l’Azerbaigian ad attuare pienamente la decisione provvisoria della CIG, in particolare “astenendosi dal sopprimere la lingua armena, distruggere il patrimonio culturale armeno o eliminare in altro modo la presenza culturale storica dell’Armenia o impedire agli armeni l’accesso a tale presenza culturale e la fruizione della stessa” nonché “ripristinando o restituendo edifici, siti, artefatti o beni del patrimonio culturale e religioso armeno”; evidenzia che qualsiasi nuovo caso di distruzione o alterazione del patrimonio culturale dovrebbe essere affrontato immediatamente dalla comunità internazionale;
13. ribadisce il suo invito all’UE a includere una clausola sulla protezione dei siti archeologici e storici nei piani d’azione che orientano il partenariato tra l’UE e l’Armenia e l’Azerbaigian, giacché entrambi i paesi fanno parte della politica europea di vicinato;
14. sottolinea che il rispetto dei diritti delle minoranze, compreso il patrimonio storico, religioso e culturale, è un presupposto indispensabile per un’efficace attuazione della politica europea di vicinato e per la creazione di condizioni favorevoli alla riabilitazione postbellica, a un’autentica riconciliazione e a relazioni di buon vicinato tra Armenia e Azerbaigian;
15. invita i governi dell’Azerbaigian e dell’Armenia, con il sostegno della comunità internazionale, a garantire indagini efficaci su tutte le accuse di violazione del diritto internazionale, anche per quanto riguarda la protezione del patrimonio culturale;
16. chiede che l’UE e gli Stati membri continuino a sostenere il lavoro delle organizzazioni internazionali impegnate nella protezione del patrimonio culturale e religioso; 16 bis. Non approvato – sottolinea che qualsiasi nuova escalation delle tensioni nel Nagorno- Karabakh farebbe il gioco della Russia, come è avvenuto in numerose occasioni, e nuocerebbe ai colloqui di normalizzazione in corso tra Armenia e Azerbaigian, Armenia e Turchia;
17. invita l’UE e gli Stati membri a continuare a sostenere la fornitura di assistenza umanitaria urgente;
18. chiede che l’UE e gli Stati membri sostengano le organizzazioni della società civile in Armenia e Azerbaigian che contribuiscono realmente alla riconciliazione;
19. invita l’UE, l’UNESCO, il Consiglio d’Europa e l’OSCE a incoraggiare e sostenere congiuntamente gli sforzi tesi a salvaguardare il patrimonio culturale e religioso;
20. chiede che la Commissione si avvalga di tutti gli strumenti disponibili per prevenire atti di vandalismo, distruzione o alterazione del patrimonio culturale nel Nagorno-Karabakh;
21. evidenzia che gli sforzi della comunità internazionale nella salvaguardia del patrimonio culturale sono essenziali per gettare le basi per una pace duratura nella regione;
22. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al governo e al Presidente dell’Armenia, al governo e al Presidente dell’Azerbaigian, alla Segretaria generale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, alla Segretaria generale del Consiglio d’Europa, alla direttrice generale dell’UNESCO e al Segretario generale delle Nazioni Unite.