Manazza(Cnb), suicidio assistito risposta sbagliata a sofferenza

“Meno del 30% della popolazione
italiana riceve cure palliative. Abbiamo difficoltà a avere
farmaci, ‘è carenza di strutture, di presidi tecnici e di
personale. Per questo, dopo migliaia di pazienti assistiti, mi
sembra che concentrarsi sul suicidio assisto e l’eutanasia sia
una risposta sbagliata a una risposta giusta, a lungo ignorata,
ma ora mal compresa. I malati chiedono altro, chiedono di
cancellare sofferenza, dare un senso alla sofferenza e non esser
soli”. E a patire di questa carenza “sono in primo luogo i più
poveri economicamente che non hanno accesso a cure palliative”.
    Lo ha spiegato Domenico Maria Manazza, medico palliativista e
membro del Comitato Nazionale di Bioetica, in audizione davanti
alle commissioni Giustizia e Sanità del Senato in merito alle
Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente
assistita.
    Sul tema, ha ricordato, le posizioni del Comitato Nazionale
di Bioetica sono cambiate nel tempo e il primo parere risale al
2019. L’ultimo documento è di quest’anno e risponde al quesito
posto dal Comitato Etico Territoriale (CET) dell’Umbria sulla
definizione di trattamento di sostegno vitale, è stato approvato
a luglio, che ne hanno definito i criteri.
    Come medico, ha aggiunto, “ho ricevuto molte richieste di
eutanasia e suicidio assistito e, grazie alla nostra equipe,
siamo sempre riusciti a dare al malato quello che voleva,
smettere si soffrire e non restare solo”.
    Dove c’è maggior disponibilità di cure palliative, infatti, ha
aggiunto, “ci sono meno richieste di suicidio assistito e
eutanasia”. E come ultima risorsa, ha concluso, “bisogna
ricordare che esiste la sedazione palliativa profonda, che
abbiamo sempre usato ben prima che fosse aperto il dibattito su
questo. Si tratta di un strumento utile e poco noto”.
   

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