Maneskin, quattro ventenni amati dagli over 40

«I Maneskin? Meglio il loro rock del rap»: lo ho dichiarato Nicola di Bari al Corriere della Sera. E allora partiamo dall’opinione di una voce storica della musica italiana per fare un ragionamento di ampio respiro sulle ragioni del successo dei Maneskin. Un successo indiscutibile come dicono le classifiche: primo posto nella classifica degli album più venduti, primo posto nella classifica dei vinili (oggetto di culto per un’audience di ultraquarantenni), terzo posto nella classifica dei singoli e venti milioni di clic in streaming per Zitti e buoni il brano che ha trionfato a Sanremo 2021.

E, se non bastasse, ci sono poi i biglietti venduti per i concerti del tour nei palasport che, pandemia permettendo, dovrebbe svolgersi tra dicembre 2021 e aprile 2022. Sessantamila biglietti andati a ruba in poche ore, due concerti sold out al Palazzo dello Sport di Roma, due sold out al Forum di Assago e una terza data, sempre al Forum, a un passo dal tutto esaurito. Da inizio carriera ad oggi i Maneskin, con due soli album (l’ultimo è Teatro d’ira Vol.1), e una manciata di singoli hanno conquistato 17 dischi di platino e 5 dischi d’oro. Un boom clamoroso, figlio di una straordinaria quanto singolare contaminazione tra le fasce d’età di pubblico.

Måneskin – ZITTI E BUONI (Official Video – Sanremo 2021) www.youtube.com

I Maneskin piacciono ai loro coetanei ventenni, ma soprattutto hanno uno zoccolo duro di fan anche nel pubblico “adult”, quello sostanzialmente impermeabile ai tormentoni rap e trap scritti e pensati per un pubblico di adolescenti se non addirittura di bambini. Ecco, in un’era della musica dove vige una separazione netta tra le canzoni per un pubblico imberbe e quelle rivolte agli over 40, i Maneskin sono un’eccezione. Perché il loro modo di approcciare il rock and roll ed il funky è figlio di una tradizione sonora che proviene direttamente dagli anni Settanta, perché il loro modo selvaggio ed “esagerato” di stare sul palco e di interpretare le canzoni è figlio di una cultura della presenza scenica che richiama tempi lontani, in cui saper suonare e saper “occupare” lo spazio di un palcoscenico erano la cifra stilistica di chi faceva musica sul serio.

Ovvio quindi che il pubblico con un retaggio di questo tipo tiri un sospiro di sollievo davanti ad una band che ha un sound e un’identità artistica molto marcati: niente autotune, voci robotiche, ritmiche di plastica o rime infantili, solo musica suonata da quattro ragazzi con tanta energia da bruciare.

Detto in altre parole, chi è cresciuto a pane e Led Zeppelin nelle canzoni dei Maneskin si ritrova facilmente, mentre, al contrario, si sente perso nel nulla davanti al vuoto cosmico di certe produzioni rap e trap per ragazzini delle medie. Non sono soli in questo mondo i Maneskin: basti pensare agli americani Greta Van Fleet, dal Michigan, una giovane e virtuosa emanazione della gloriosa scuola Led Zeppelin. Sono giovani, bravissimi, suonano come professionisti consumati e ai concerti si presentano molti loro coetanei. Che accompagnano i padri…

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