mercoledì, 27 Novembre 2024
Manovra economica 2023: torna lo spettro dell’esercizio provvisorio che fa paura all’Europa
La matematica non mente: se si va a elezioni il 25 settembre e le Camere verranno convocate per la prima volta il 13 ottobre col nuovo Governo che non potrà essere operativo prima del 7 novembre il tempo per studiare, varare e rendere operativa la prossima manovra economica non c’è.
Il calendario finanziario d’autunno
L’autunno, infatti, è il periodo più caldo dell’anno dal punto di vista dell’economia nazionale con un calendario fitto di appuntamenti improrogabili che culminano con l’approvazione della manovra economica 2023 entro fine anno.
Il primo cerchio rosso sul calendario è fissato per il 27 settembre quando deve essere messa agli atti la nota di aggiornamento al Def (27 settembre); il 15 ottobre poi Bruxelles vuole il documento programmatico di bilancio che poi – sotto forma di legge di bilancio – va presentata in Parlamento il 20 ottobre aprendo la strada alla la manovra vera e propria.
Dando per scontato – cosa che è tutt’altro che scontata – che dalle urne esca una maggioranza compatta e che il futuro esecutivo ne sia adeguata rappresentazione il voto fissato fine settembre complica la vita al cammino della manovra 2023.
Cos’è l’esercizio provvisorio
Quando si verificano queste condizioni – questa sarebbe la 33esima volta da quando è stata varata la Costituzione – la nostra carta costituzionale prevede che si metta in atto il cosiddetto “esercizio provvisorio” attraverso il quale il governo esercita provvisoriamente le proprie prerogative e poteri.
Previsto dall’articolo 81 della Costituzione, l’esercizio provvisorio è un provvedimento che vincola il Governo per un massimo di quattro mesi a gestire da solo – mese per mese – l’ordinaria amministrazione (riscuotere le entrate e pagare stipendi, pensioni, debiti), con margini di spesa estremamente ridotti. Tali margini sono calibrati in tanti dodicesimi quanti sono i mesi di esercizio provvisorio.
Perché l’esercizio provvisorio fa male alla crescita
Se da una parte, quindi, si andrà a spendere solo lo stretto indispensabili contenendo i conti pubblica dall’altra il nuovo esecutivo – potendo gestire solo le spese ordinarie – non potrebbe effettuare gli investimenti preventivati nella manovra di bilancio. In questo modo nel risentirebbe la crescita economica, la fiducia da parte degli investitori e il cammino per rispettare gli accordi con l’Europa inclusi nel nostro Pnrr. È un’ipotesi che agli economisti non piace, ma che si rende necessaria in assenza di approvazione del documento che autorizza le spese per l’anno successivo che, negli enti pubblici, è il bilancio di previsione. Si fa quindi riferimento, quanto all’ammontare al dato storico dei precedenti esercizi finanziari.
Quello che accade a livello legislativo è che il Parlamento – qualora non sia riuscito ad approvare il bilancio preventivo prima dell’inizio dell’anno finanziario – autorizza il Governo ad applicare il progetto di bilancio non ancora approvato.
Cosa farà Draghi da qui a settembre
Draghi in queste ultime settimane a Palazzo Chigi farà di tutto per presentare entro settembre per lo meno la Nota di aggiornamento al Def dove ci saranno le nuove stime di indicatori come Pil, Debito-Pil e Deficit-Pil, a legislazione vigente, ma non farà in tempo a presentare il quadro programmatico e limiterà la legge di bilancio ai rifinanziamenti obbligati.
Una volta che il futuro Governo assumerà i suoi poteri avrà il dovere di presentare in Parlamento un maxiemendamento con la manovra vera e propria.
Il quadro economico, quindi, dovrà essere precisato in maniera compatta e veloce se non si vuole correre il rischio che il 2023 si trasformi in un incubo per i conti già disastrosi dell’Italia che non si può permettere di rallentare la sua crescita che ancora oggi non si è ripresa.
Esercizio provvisorio nella storia
Nella storia della Repubblica l’esercizio provvisorio per dodicesimi è stato adottato 33 volte a cominciare dall’anno stesso della firma della Costituzione – 1948 – quando ll neoeletto Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola emanò il Decreto Legislativo 30 giugno 1947, n. 542, che autorizzava il Governo a «esercitare provvisoriamente» le proprie prerogative e poteri fino al 30 settembre 1947 data prevista di approvazione tramite provvedimento legislativo dei bilanci previsionali delle Pubbliche amministrazioni per l’anno successivo.
L’esercizio provvisorio poi è rimasto come habitus fino al 1968. Solo nel 1969 il Governo Rumor riuscì, per primo, a far approvare in tempo il bilancio riferito al 1970. Lo stesso fecero gli esecutivi in carica nel 1976 (Governo Moro) e 1977 (Governo Andreotti). Nel 1978 venne introdotta l’innovazione della Legge Finanziaria, ma l’esercizio provvisorio rimase ancora la regola fino al 1983, quando si riuscì a non far slittare il progetto di bilancio per l’anno successivo (Governo Craxi) .
Da quell’anno in poi si è ricorsi all’articolo 81 della Costituzione solo in due occasioni: nel 1986 ( Governo Craxi, per due mesi) e nel 1988 (Governo Goria, un trimestre): dall’inizio degli anni Novanta, con i vincoli europei e l’elevato debito pubblico la misura è stata scongiurata poiché avrebbe avuto un impatto maggiore sui mercati. Adesso resta da vedere se l’Italia – dopo 35 anni – quest’anno finirà per non rispettare i tempi del calendario finanziario e, qualora questo accada, che impatto avrà.