Mastroianni, il divo italiano a cento anni dalla nascita

GIULIA MUGGEO, MARCELLO MASTROIANNI
(CAROCCI, PP. 112, EURO 13)
L’etichetta del latin lover non gli piaceva affatto. Non si
riteneva “straordinariamente brillante e spregiudicato”.
    Mastroianni si smarcava da ruoli prestabiliti. Avrebbe voluto
interpretare “un gangster di quelli davvero cattivi, alla
Sterling Hayden” oppure un “Tarzan con la tosse” o “un cow-boy
che si guarda anche allo specchio ed è anche capace di essere
debole, di essere uomo. Non voglio i superuomini”, diceva.
    E ancora, riguardo alla “formuletta” affibbiatagli di seduttore
e amante latino, commentava: “Ma li avete visti i miei film?
Dopo La dolce vita, per non ripetere – perché distributori e
produttori avrebbero subito voluto rivedermi con la giacca a V
dai bottoni d’oro – io ho girato un film dove facevo
l’impotente: Il bell’Antonio. E subito dopo Divorzio
all’italiana: un laido cornuto. Ho fatto anche un uomo incinto;
ho fatto l’omosessuale in Una giornata particolare. Ho fatto dei
disperati, dove il sesso non c’entrava niente. Ma anche nei film
di Fellini, le fantasie erotiche sono quelle di un adolescente,
quasi di un bambino”.
    Nel centenario della nascita del divo, avvenuta il 28 settembre
1924 a Fontana Liri, Giulia Muggeo ne racconta in un libro, vita
e carriera, attingendo spesso a stralci di interviste.
    Mastroianni e il cinema, connubio inossidabile. Lo preferì
sempre al teatro perché vedeva nel cinematografo qualcosa di
stravagante e improvvisato, un luogo di “cose prese per i
capelli”, un “microcosmo in cui tutto si mescola”, e aggiungeva: “C’è di tutto nel cinema! Da quello uscito dalla galera fino al
poeta: perché il cinema non chiede referenze, non chiede mai
niente a nessuno; vanno tutti bene, in quel calderone. E questo
è un aspetto abbastanza magico del cinematografo. È come andare
al campeggio. Si arriva in un posto, c’è chi monta la tenda, chi
accende il fuoco, chi va a cercare da mangiare. E poi… Pronti!
Si gira!”.
    Trampolino di lancio è il film Domenica d’agosto di Emmer.
    Correva l’anno 1950. Mastroianni interpreta un giovanotto vigile
urbano di nome Ercole, ragazzo semplice, in procinto di sposare
la fidanzata incinta. Ercole è in servizio nei giorni del
solleone, tra le strade deserte della Capitale, mentre i romani
fuggono dalla città in cerca di refrigerio al mare di Ostia.
    La svolta arriva con Fellini che lo sceglie per La dolce vita. I
due si incontrano a Fregene, dove il regista aveva una villa.
    Mastroianni ricordava: “A pochi passi da noi, sotto un
ombrellone, c’era Ennio Flaiano, che allora era il suo diretto
collaboratore nello scrivere le sceneggiature. Naturalmente io
ero molto eccitato. E Fellini subito, con quell’aria da
incantatore, quella vocina come un flauto magico: ‘Ohooo, caro
Marcellino!, Caro Marcellino, sono contento di vederti. Ho un
progetto di film, il produttore è Dino De Laurentiis. Però De
Laurentiis vorrebbe Paul Newman nel ruolo del protagonista. Ora,
certo, Paul Newman è un grande attore, una star: ma è troppo
importante. A me serve una faccia qualsiasi’. Io non mi sentii
affatto umiliato. Benissimo, pronto. La faccia qualsiasi sono
io”. Un volto, da lì in avanti, diventato leggenda.
   

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