Maternità surrogata, armi all’Ucraina; il Pd si divide e mostra la debolezza di Elly Schlein

Da lunedì sera, dopo la pesante sconfitta nei ballottaggi, nel Pd e nel mondo dell’informazione politica analisti di lungo corso, opinionisti vari ed esponenti del partito, pro e contro il neo segretario Elly Schlein hanno dato le loro spiegazioni al risultato deludente del Partito Democratico e della sinistra in generale. Opinioni tutte corrette e rispettabili. Ma una cosa è emersa chiara nelle ultime 24 ore: il Pd è un partito in mille pezzi. Due esempi solo oggi su tutto: maternità surrogata e armi all’Ucraina.

Ieri in Commissione alla Camera la maggioranza ha approvato la mozione che chiede la condanna in tutto il mondo della maternità surrogata. Il Pd non ha votato contro, si è astenuto. Che nel linguaggio parlamentare vuol dire: non sappiamo quale sia la nostra linea. Oppure, e sarebbe peggio, ce l’abbiamo un’idea ma non possiamo dirla per non turbare la parte cattolica del nostro partito.

Elly Schlein infatti è molto ma molto vicina alle opinioni di chi è favorevole anche alla maternità surrogata, ma non può andare fino in fodno, non può sterzare così forte ancora di più a sinistra. Glielo ha ricordato Goffredo Bettini, uno dei fondatori, filosofi, totem dei nuovi dem, che sulle colonne dell’Avvenire (un giornale non scelto a caso quello della Cei) ha spiegato che «la maternità surrogata comporta per lo più rapporti mercificati. Ci sono passaggi di denaro. I poveri offrono il corpo, i ricchi lo utilizzano. Inoltre si trasforma il legittimo desiderio di genitorialità in un diritto che interferisce e programma circa il destino di un altro essere umano. È una mercificazione del corpo della donna…». E uno…

Secondo problema e seconda divisione: oggi in Europa si è votata la legge a sostegno della produzione di munizioni della Ue per rafforzare la capacità produttiva a sostegno dell’Ucraina.

Che la questione sia delicata, che il Pd si presentava stamattina a Bruxelles senza una linea chiara e senza unità lo dimostra il tam tam di agenzie arrivate fin dal mattino. Cominciava di buon ora il Capogruppo in Europa, Benifei: «Sì a sostegno Ucraina, no a utilizzo Pnrr e fondi coesione. La destra supporti i nostri emendamenti a regolamento munizioni». Si va in aula; l’emendamento del Pd, come previsto, non passa. Si va al voto. La prima notizia è clamorosa: sei parlamentari della delegazione Pd hanno votato a favore, 5 sono stati gli astenuti, contrario Smeriglio.

Passano 10 minuti e da Bruxelles arriva di corsa la precisazione: «Comunichiamo per correttezza di informazione che le europarlamentari del Partito democratico Alessandra Moretti e Patrizia Toia hanno votato a favore nel voto finale sul regolamento ASAP.

A causa di un errore tecnico nel voto finale compare nei registri l’astensione ma entrambe le eurodeputate hanno votato a favore e hanno già proceduto a chiedere la correzione. La delegazione ha dunque espresso 10 voti a favore, 4 astensioni e un voto contrario da parte dell’eurodeputato Smeriglio che, va ricordato, è membro indipendente non iscritto al Pd…».

Tensione, posizioni singole, divisioni, voti a favore, astenuti, contrari. Tutto palpabile, tutto clamorosamente evidente.

Il Pd non ha una linea, non ha il coraggio delle sue idee e, soprattutto, il suo segretario non ha il controllo dei suoi parlamentari a Roma ed a Bruxelles. Su una cosa ha ragione il segretario del Partito Democratico: «Il lavoro da fare è lungo…». Ecco, lungo e complicatissimo

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