Matteo Garrone, faccio film vivi

(ANSA) – CAGLIARI, 24 GIU – Matteo Garrone, pluripremiato
regista di Gomorra, Il racconto dei racconti – Tales of Tales,
Dogman e Reality dell’ultimo atteso film, Io capitano, in
odor di Festival di Venezia, non parla: “Non posso dire nulla”
dice più volte al Filming Sardegna Festival dove sta per tenere
una master class con gli studenti.
    Ma invece sembra avere l’idea giusta per riportare il pubblico
in sala: “E un’idea che può funzionare – dice – di cui ho
parlato anche a Luigi Lonigro di 01 e Paolo Del Brocco.
    Credo si debbano differenziare le sale secondo la loro qualità,
tanto da avere sale a cinque stesse, tre stelle, due stelle e
così via.
    Basta – continua Garrone- fare una commissione che stabilisca
la loro qualità così da non far capitare che si paghi un
biglietto per scoprire, solo dopo, che lo schermo è poco più
grande di quello della TV di casa”.
    Cosa è il cinema per Garrone? “Penso di fare un percorso, un
viaggio, per raccontare storie. Come diceva Fellini: non
esistono film brutti, ma solo film vivi e morti”.
    E Matteo Garrone svela poi un suo piccolo segreto: “Quando
finisco un film mi lascio sempre aperta una strada per tornare a
girare mettendo parte circa un venti per cento del budget. Un
tesoretto per fare dei ritocchi e che ad esempio ho usato per
L’imbalsamatore di cui ho rigirato, a film finito, ben cinquanta
minuti. Era già stato preso a Cannes alla Quinzaine poi mi è
venuta un’idea, mentre stavo in motorino, e mi sono rimesso a
girare ben cinquanta minuti”.
    Infine, per quanto riguarda Io Capitano, il suo ultimo film
racconta di due giovani, Seydou e Moussa (gli esordienti Seydou
Sarr e Moustapha Fall), scelgono di abbandonare il Senegal per
tentare di raggiungere l’Europa, in cerca di lavoro e fortuna.
    Il loro sogno, vede però prima il compimento di un lungo e
crudele viaggio nella più totale desolazione e spietatezza:
dall’essere prima ammassati in un piccolo pulmino scoperto, al
complesso attraversamento a piedi del deserto fino agli orrori
dei disumani centri di detenzione in Libia. (ANSA).
   

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