Melanoma, nuova immunoterapia funziona nei pazienti resistenti

Una seconda chance per
l’immunoterapia contro il melanoma, quando questa fallisce, e
una nuova opportunità terapeutica per i pazienti ‘resistenti’,
più difficili e con poche speranze di cura. E’ ciò che promette
un nuovo studio clinico internazionale di Fase I, guidato da
Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore
dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e
Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, presentato
in occasione del congresso annuale della Società europea di
oncologia medica (Esmo).
    I risultati dimostrano l’efficacia di un nuovo farmaco
nello sbloccare l’azione dell’immunoterapia sia nei pazienti con
resistenza primaria, cioè che non hanno mai risposto
all’immunoterapia, sia nei pazienti con resistenza acquisita,
coloro che hanno iniziato a non rispondere agli immunoterapici
dopo un po’ di tempo.
    “Il nostro studio mostra la sicurezza e l’efficacia di
Wnt974, molecola che inibisce la via di segnalazione
Wnt/beta-catenina coinvolta nella mancata risposta
all’immunoterapia, nel superare la resistenza, offrendo ai
pazienti una nuova possibilità di cura – spiega Ascierto -. La
combinazione di Wnt974 con l’immunoterapia è risultata efficace
nel 18% dei pazienti con melanoma che non hanno mai risposto
all’immunoterapia. In 2 casi la malattia è addirittura
scomparsa. Il trattamento, inoltre, è risultato efficace nel
35,7% dei pazienti con resistenza acquisita”. Nei pazienti in
cui il trattamento è risultato efficace, aggiunge, “abbiamo
osservato una risposta ampia in media per 15 mesi, con una
stabilità della malattia per più di 2 anni”. Tuttavia, anche
questo nuovo approccio non funziona per tutti i pazienti. “Sono
in corso le analisi dei biomarcatori che ci permetteranno di
identificare ulteriori marcatori predittivi di risposta e
resistenza al trattamento. Il nostro obiettivo – conclude
Ascierto – rimane sempre quello di cercare di trovare nuove
opzioni di trattamento per i pazienti più difficili che, ad
oggi, non beneficiano delle terapie attualmente disponibili”.
   
   

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